venerdì 1 aprile 2011

E Medioevo fu...o meglio e Alto Medioevo fu!

Non vorrei iniziare l’analisi del periodo medievale con la solita analisi della scansione temporale e tanto meno alle diverse opinioni, positive o negative, di questo periodo.

LA CHIESA, UNICA FORZA ACCENTRATRICE E ORGANIZZATIVA DELLA CULTURA
Avendo precedentemente parlato di Agostino, vorrei in primo luogo proporre la seguente considerazione: in questi secoli, l’unica forza organizzativa, sul piano culturale, è quella della Chiesa. Questa riesce a mantenere scuole episcopali presso le cattedrali o nella dimora dei vescovi, mentre nei monasteri ferve l’attività degli amanuensi che copiano e tramandano gli scritti dell’antichità latina e della cristianità.

A proposito di scrittura, tendenzialmente nell’Alto Medioevo si scrive poco e secondo criteri non unitari né stabiliti. Questa pratica era esclusiva del clero: si utilizzavano degli scriptoria (sale di scrittura) dei conventi e dei monasteri dove gli amanuensi copiavano sui codici i documenti del passato o del presente. Gli scriventi talora non si limitavano a ricopiare un testo, ma potevano anche giustapporre o assemblare testi diversi (compilatori), oppure potevano postillare e spiegare i testi (commentatori), oppure potevano scrivere in proprio appoggiandosi comunque all’autorità di altri scrittori (auctores).
Si noti che la parola auctor ha la stessa radice etimologica della parola auctoritas: il libro, infatti,  è la fonte assoluta di ogni verità e autorità; così diventa consuetudine culturale corrente la pratica della citazione (con cui un autore afferma la legittimità e l’autorità del proprio discorso basandosi sull’autorità degli autori del passato) oppure della glossa (o nota al testo) e del commento, con cui si attualizzano testi della tradizione antica, perdendo per lo più il senso della loro distanza o differenza rispetto all’oggi.
Il libro era un oggetto raro e prezioso, e infatti, veniva considerato come un tesoro!

Nonostante queste osservazioni, in tutto l’Alto Medioevo, fino al XII secolo, la cultura prevalente fu quella orale: limitazione dell’insegnamento alla formazione del clero da parte della Chiesa, la scomparsa del pubblico letterario, la scarsa urbanizzazione, l’accentramento di ogni attività culturale attorno a sedi religiose riducevano l’opportunità stessa degli scambi culturali e scarse erano le possibilità di comunicazione della stessa cultura orale.

Si precisa però che Con Carlo Magno c’è una ripresa della cultura classica: con la Schola Palatina, , sotto la direzione del monaco anglosassone Alcuino, c’è un ritorno alla purezza della lingua latina. E’ questo il periodo della rinascita carolingia. Successivi tentativi analoghi di riprendere e continuare la grandezza e lo splendore dell’impero romano e della cultura latina furono promossi dall’imperatore Ottone III (rinascita ottoniana). Ma è da Chartres e da Giovanni di Salisbury, vescovo della città e filosofo, che si diffonde uno dei topos più diffusi e conosciuti che rappresenta i moderni come nani sulle spalle dei giganti e, dunque, capaci di vedere più lontano degli antichi, rivalutando così la conoscenza quale attività fondata sul principio di autorità di ciò che era stato trasmesso dal passato.

QUESTIONE DI INTERPRETAZIONI!
Nell’Alto Medioevo, la mancanza di traffici e di commerci, l’interruzione delle grandi vie di comunicazione, la inadeguatezza e lo scarso sviluppo della tecnica e dunque del dominio dell’uomo sull’ambiente, la percezione di essere alla mercé della natura, limitavano in modo drastico il controllo dell’uomo sullo spazio e sul tempo.
Ciò che non si poteva sapere o conoscere poteva diventare pauroso o meravigliosamente immaginaria. 

La concezione del mondo è unitaria, rigidamente gerarchia, piramidale, subordinata all'auotirità politica e religiosa. Si tende a interpretazioni complessive dell'universo, domante dall'idea della trascendenza religiosa e da grandi opposizioni (anima e corpo, Paradiso e Inferno). L'enciclopedismo medievale organizza ogni elemento dello scibile all'interno di una interpretazione simbolica e unitaria della natura e della storia, subordinando ogni particolare non a un'esigenza di conoscenza scientifica e oggettiva ma a un'idea precostituita del mondo, fondata sull'autorità della Bibbia e dei Padri della Chiesa, sulla base della quale si leggeva e si assimilava anche la cultura classica

L'interpretazioni della natura è simbolica e analogica: in essa si vede la presenz di Dio e di forze magiche e misteriose, interpretate secondo criteri di somiglianza e di simmetria del tutto intuitivi che connettono fra loro i diversi piani dell'esperienza. Ogni particolare assume immediatamente un significato simbolico, un valore misterioso e trascendente. Si è già detto che l’enciclopedismo medievale non è scientifico, ma simbolico. I trattati dedicati agli animali (i cosiddetti bestiari) non studiano affatto le loro concrete specificità, ma mirano alla loro interpretazione simbolica in senso religioso o morale, senza alcuna distinzione fra animali esistenti o immaginari.

In tutto l’Alto Medioevo l’interpretazione simbolica del mondo prevale su quella allegorica, che è riservata unicamente alla Bibbia e ai documenti storici, culturali e letterali. Nell’ambito dell’interpretazione allegorica, non soltanto il Vecchio Testamento viene letto alla luce del Nuovo, ma anche avvenimenti e testi della storia e della cultura pagane vengono considerati in chiave cristiana. La stessa mitologia greca e romana viene reinterpretata alla luce del Cristianesimo: tutto il mondo classico, quando viene respinto come profano, viene letto allegoricamente in chiave cristiana. Più precisamente, ci sono le letture figurali ovvero le prefigurazioni: la liberazione dalla schiavitù e il viaggio fuori dall’Egitto del popolo ebraico, prefigura un altro fatto storico ancora più importante e cioè la liberazione dell’umanità, con la Redenzione di Cristo dalla schiavitù del peccato di cui si parla nei Vangeli.

Ma che cosa è l’allegoria? Si tratta di una figura retorica che etimologicamente proviene da due parole greche allos (= altro o diverso) e agoreuein (= parlare) e significa: dire qualcosa di diverso da quello che si dice alla lettera.

E quale differenza c’è tra l’interpretazione simbolica e quella allegorica?
Mentre nell’interpretazione simbolica si percepisce intuitivamente e quasi magicamente la presenza del trascendente nella natura, in quella allegorica c’è uno sforzo razionale, perché senza una ricerca intellettuale non è possibile superare la soglia del significato letterale. Nel primo caso, abbiamo una certa e immediata somiglianza e analogia, mentre nel secondo c’è la mediazione della ragione, un’indagine usando le capacità dell’intelletto.

Sarà proprio San Tommaso a esporre con grande chiarezza la teoria dell’interpretazione allegorica (che prevarrà nel Basso Medioevo) delle Sacre Scritture. Tale teoria è molto importante perché, applicata anche ai testi profani, diventa il modello di lettura di tutta la tradizione letteraria antica.
San Tommaso inizia così:

Autore della Sacra Scrittura è Dio, nel cui potere è l’accomodare non solo le parole, in modo che significhino, cosa questa che anche l’uomo può fare, ma anche le cose.

Continua, poi, nella disamina della prima significazione:

Dunque la prima significazione, mediante la quale le parole significano delle cose, riguarda il primo significato, che è il significato storico o letterale.

E subito segue la seconda:

L’altra significazione, mediante la quale le cose significate dalle parole a loro volta significano altre cose, è detta significato spirituale. Esso si fonda sulla lettera e la presuppone. Questo significato spirituale, poi, si divide in tre. Come dice, infatti, l’Apostolo Paolo, la vecchia legge è figura della nuova, e questa è figura della futura gloria celeste; e inoltre i fatti capitali della nuova sono segni che indicano ciò che dobbiamo fare. Dunque: secondo che fatti e cose del Vecchio Testamento significano quelli del Nuovo, il loro senso è allegorico; secondo che gli eventi che riguardano Cristo o lo prefigurano sono il modello di ciò che dobbiamo fare, si ha il senso morale; secondo che i testi sacri significano le cose che appartengono all’eterna gloria celeste, si ha il senso anagogico.

In altre parole, esistono quattro sensi.
  • letterale (immediato, intuitivo, analogico);
  • allegorico (mediato dalla ragione, per un’interpretazione diversa);
  • morale (esplicativo di un’etica del comportamento);
  • anagogico (suggerente il significato religioso e teologico, le verità legate a Dio).

Termina poi San Tommaso con una frase che mi ha molto colpito:

[…]non è sconveniente se, anche secondo il senso letterale, in una sola espressione della Scrittura vi siano più significati.

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