venerdì 29 aprile 2011

Ricapitolando: il concetto di allegoria nel Medioevo

Siamo partiti da un'idea di allegoria intesa come interpretazione tipologica che esprime una concezione cristiana della storia in cui il passato, il presente e il futuro sono legati da un rapporto di prefigurazione nella prospettiva di salvezza finale. 
Come afferma Auerbach: "l'interpretazione figurale stabilisce fra due fatti e persone un nesso in cui uno di essi non significa soltanto se stesso, ma significa anche altro, mentre l'altro comprende e adempie il primo. I due poli della figura sono separati nel tempo, ma si trovano entrambi nel tempo come fatti e figure reali".

Poi si è passati a parlare anche di personificazione allegorica. Secondo Huizinga (L'autunno del Medioevo): "quando il pensiero, che ha riconosciuto all'idea una realtà indipendente vuol tradursi in immagini, non lo può fare che non il mezzo della personificazione. Ecco il trapasso dal simbolismo all'allegoria". Dunque, l'allegoria non è solo un modo di leggere e interpretare, ma anche un modo di rappresentare la realtà storica, sociale e psicologica. Soprattutto a livello artistico: un esempio tipico è quello della scultura e dell'immagine della donna come allegoria della lussuria (soprattutto nell'arte romanica). 
In un certo senso il Medioevo può essere inteso come il passaggio dall'interpretazione simbolica a quella allegorica. Col passare del tempo molte categorie concettuali, tra cui quelle di spazio e tempo, assumono connotati più realisti, grazie alla ripresa dei viaggi, alla riscoperta di Aristotele e della cultura arabo-bizantina. 
Circola l'idea di una fisica che non si fonda più su analogie, ma sull'esperienza dei sensi che si ritrova nell'estetica della luce e nell'ottimismo di Francesco. 
Proprio come accennato in uno dei post precedenti, il passaggio dal romani al gotico segna anche il passaggio dalla rappresentazione simbolica a una rappresentazione allegorica: da una visione della natura come simbolo, espressione di una verità nascosta che rimanda direttamente a Dio utilizzando analogie, si passa a una visione della realtà in cui il mondo visibile e le sue forme acquistano valore in sè. La valorizzazione della natura e della figura umana non va però oltre certi limiti. Se l'uomo è chiamato a studiare l'universo è per meglio scoprire l'ordine che Dio vi ha permesso. Insomma, il prototipo di qualsiasi rappresentazione risiede comunque nella mente divina e ogni cosa reale è al proprio posto rispettando le gerarchie religiose e l'ordine di Dio. 

Passiamo ora a Dante e alla figura di Beatrice per conprendere la rappresentazione allegorica figurale
I critici hanno notato anche in Dante un passaggio da concezione simbolica ad allegorica a partire dalla Vita Nuova per arrivare alla Commedia
Nella Vita Nuova, Beatrice era rappresentata solo nella sua apparizione e nel suo semplice gesto di saluto che irradiava un significato trascendentale, fornendo alla vita terrena la rivelazione della presenza divina. La realà sensibile non è in primo piano, mentre quella spirituale è simbolo di purezza e di salvezza rivelatrice. 
Dopo la morte, Beatrice cambia aspetto: non è più la semplice apparizione a infondere beatitudine. Occorre una ricerca razionale, più complessa, del poeta affinchè riesca a trovare la via del divino. Insomma l'attrazione per la donna gentile, pur avendo una serie di attributi, non è più sufficiente: compare anche qui un certo realismo degli atteggiamenti delle persone descritte e i significati allegorici che questi si portano dietro. Si tratta di un'interpretazione allegorica basata sulla personificazione, già largamente diffusa. 
Ma Dante non si ferma qui. Nel Convivio fornisce una sua teoria di allegoria dove, sulla scorta di Tommaso, illustra i quattro sensi delle scritture: letterale, allegorico, morale e anagogico. Egli disitingue inoltre l'allegoria dei poeti da quella dei teologi della Bibbia. 

Riporto un passaggio tratto dall'Epistula a Cangrande della Scala:
Si deve sapere che il senso di quest'opera (la Commedia) non è semplicemente uno, anzi può dirsi polisignificante, cioè di più sensi; infatti il primo senso è quello che si ha dalla lettera, ma altro è quello che si ottiene al di là delle cose significate letteralmente.

Ecco dunque l'allegorismo figurale (Auerbach):
  • il viaggio di Dante ==> processo di liberazione dell'umanità dal peccato;
  • la selva oscura ==> il peccato;
  • il colle illuminato ==> la salvezza;
  • le tre fiere ==> i tre peccati più gravi;
  • Virgilio ==> la ragione umana.
Non c'è più rappresentazione analogica, ma attraverso similituduni: il realismo, i dati materiali, la specificità terrena e storica dell'esperienza umana e naturale sempre per risalire al significato trascendente. Un esempio di allegoria figurale è quella della liberazione degli Ebrei dall'Egitto che prefigura la liberazione dell'umanità dal peccato grazie alla redenzione di Cristo. L'intera vita terrena è per il cristiano medievale una figura del destino ultraterreno. Un altro esempio è Virgilio, ritenuto nel Medioevo un profeta della venuta di Cristo.

La concezione figurale, come abbiamo già detto, consente a Dante un recupero del tutto nuovo del passato in chiave cristiana: fatti e personaggi dell'antichità sono interpretabili alla luce del cristianesimo e la storia antica è concepita come prefigurazione della futura civiltà cristiana. L'importanza attribuita all'Eneide è dovuta al fatto che Enea è il fondatore di Roma e dell'Impero romano, e quest'ultimo, secondo Dante, è il preannuncio terreno del regno di Dio.



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