mercoledì 6 aprile 2011

San Tommaso, parte III

Vorrei riflettere sul rapporto tra Tommaso, Aristotele e gli Arabi.

IL MONDO ARABO NEL MEDIOEVO
La civiltà islamica rappresenta un modello culturale di alto prestigio incontrandosi e scontrandosi con quella cristiana: in Spagna e in Sicilia ad esempio, ma soprattutto con le Crociate.
Ora mentre la cultura cristiana era eminentemente simbolica e spirituale, quella islamica era assai più concreta e scientifica: i grandi progressi nelle scienze, nella medicina, nella geografia, nella matematica, senza dimentica le influenze in questi campi sulla cultura latina. Per esempio, le cifre arabe penetrarono nella cultura europea sostituendo quelle romane. Ma anche gli scritti di medicina di Galeno , medico e filosofo greco del II secolo d.C., studiati dagli Arabi (e soprattutto da Avicenna), furono da loro trasmessi alla cultura europea che li tradusse in latino e giunsero così anche in Italia.

Oltre al fatto di aver arricchito la narrativa occidentale di una massa ingente di exempla nova con raccolte orientali (Desciplina clericalis di Pietro Alfonso, Liber Kalilae et Dimnae  tradotto da Giovanni da Capua, il Dialogus Salomonis et Marcolphi senza dimenticare Le mille e una notte) hanno soprattutto introdotto la tecnica della cornice: le varie storie che le costituiscono sono infatti collegate fra loro da una storia importante.

Importantissimo fu poi l’aristotelismo arabo con Avicenna e Averroè.
Il primo scrisse un’enciclopedia medica e diffuse il pensiero di Aristotele contemperandolo con quello di Platone, mentre Averroè spinse il materialismo aristotelico sino alla negazione dell’immortalità dell’anima individuale e promosse un atteggiamento scientifico e razionale nello studio dei fenomeni naturali.

SAN TOMMASO: ARISTOTELE e IL MONDO ARABO
Nell’universo di Aristotele èsclusa la creazione e anche ogni intervento di Dio nella costituzione delle cose. Infatti Aristotele ha identificato l’esistenza in atto con la forma, ovvero dove c’è forma, c’è realtà in atto e, dunque, la forma è di per sé indistruttibile e ingenerabile, necessaria ed eterna (come Dio stesso).
Questo pensiero collide completamente con il cristianesimo: Tommaso afferma prima di tutto una netta distinzione tra essenza ed esistenza, facendo scaturire l’esigenza della creazione dalla stessa costituzione delle sostanze finite.

Tommaso, inoltre, afferma che l’esistenza non rappresenta un “accidente” accessorio dell’essenza, ma una perfezione che è costitutiva dell’ente accanto all’essenza. Ovvero, pur non essendo l’essere di una cosa la sua essenza, non deve essere inteso come qualcosa di sopraggiunto e accessorio, bensì allo stesso livello dei principi dell’essenza. Qui c’è un netto contrasto con l’idea di Avicenna. Mentre in quest’ultimo il principio della distinzione reale fra essenza ed esistenza serviva a ribadire nella forma più rigorosa la necessità di tutto l’essere e a sostenere la derivazione-emanazione causale e necessaria delle cose da Dio; in Tommaso, invece, il principio di distinzione ha la funzione di motivare metafisicamente il concetto di creazione. Dio, per Tommaso non può dipendere dal mondo per un certo rapporto di emanazione, deve essere la Causa prima e incondizionata del mondo stesso.

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