domenica 3 aprile 2011

Medioevo latino

Nel post precedente ho citato spesso “Medioevo latino” senza ben definirlo.
Questa espressione indica la cultura medievale in latino, di argomento classico o cristiano. Il latino era l’unica lingua scritta durante questo periodo, mentre quella parlata si era progressivamente imbastardita fondendosi con apporti provenienti dalle varie lingue dei popoli germanici che avevano invaso l’Italia, la Gallia, la penisola iberica.

La relazione tra cultura romana (e anche greca) con quella cristiana è molto importante. Curtius in Letteratura europea e Medioevo latino, p. 342, fornisce un’ottima visione d’insieme dei periodi storici e anche del medioevo latino che secondo me ben visualizza il rapporto tra Cristianesimo e cultura antica:

Le basi del pensiero occidentale sono l’antichità classica e la Cristianità. La funzione del Medio Evo fu di ricevere quella eredità, di trasmetterla e di modificarla, adattandola […]. I fondatori del Medio Evo furono S. Girolamo, S. Ambrogio, S. Agostino e pochi altri. Essi appartengono al quarto e al quinto secolo della nostra era. Rappresentano l’estremo stadio dell’antichità greco-romana. E questo ultimo stadio coincide con la Cristianità. La lezione del Medioevo è un accoglimento reverente e una trasmissione fedele di un prezioso lascito. Questa è anche la lezione che possiamo ricavare da Dante: ed è anche la lezione di Goethe […]

Come si vede, il Medioevo latino, sarebbe per Curtius la base da cui nascerebbe la moderna letteratura europea, da Dante a Goethe. I termini prevalentemente utilizzati sono accettazione e trasformazione, quest’ultima da intendersi come impoverimento, imbarbarimento, contrazione, travisamento, ma anche raccolta erudita (come il caso di Isidoro), tradizione scolastica, imitazione zelante di modelli formati, appropriazione di concetti culturali, entusiastica identificazione sentimentale. Qualsiasi epoca storica è intimamente impregnata e condizionata in ogni suo punto, dalla struttura, dalla lingua, dalla filosofia e dall’arte dell’antichità.

Ora, non discostandoci molto dal tema del post precedente, vorrei prendere in considerazione altre forme enciclopediche e anche altre personalità.

I BESTIARI
I bestiari (in cui si descrivevano animali reali e immaginari) derivano da un libretto del II secolo d.C., il Phisiologus. Questi trattati non studiano affatto le loro concrete specificità, ma mirano alla loro interpretazione simbolica in senso religioso o morale, senza alcuna distinzione fra animali esistenti o immaginari (come i draghi). Le piante, gli animali, i minerali sono descritti nelle loro caratteristiche naturali, nei colori e comportamenti, in quanto spie di virtù o vizi o comunque di qualità che li oltrepassano e li rendono simbolici. Le pietre gialle e verdi guariscono per analogia le malattie del fegato, quelle rosse le emorragie. La mela (da malum) simboleggia il male, il grappolo d’uva il Cristo che ha versato il sangue per l’uomo. Gli animali incarnano soprattutto il male: il caprone la lussuria, lo scorpione la falsità.
Il Phisiologus unisce sistematicamente alla descrizione dell’animale la rivelazione del significato morale e religioso, sostenuto da passi della Bibbia.

DE UNIVERSO
Ho trovato interessante anche questo trattato (o enciclopedia universale) di Rabano Mauro (784 – 856) teologo tedesco, chiamato a far parte della Scuola Palatina.

Mi è venuto in mente di comporre un opuscolo … il quale trattasse non solo della natura delle cose e della proprietà delle parole …, ma anche del loro significato mistico

Considerare il significato mistico per interpretare le cose della natura significa inevitabilmente attivare l’interpretazione di una natura screditata nelle sue caratteristiche fisiche ed empiriche: molto più importanti, invece, sono i significati nascosti e legati alla religione. Si deve ricordare, infatti, che la vita religiosa dell’uomo (non ecclesiastico) non è solo caratterizzato dalla messa, ma da una costellazione di credenze e pratiche di grande fecondità mitopoietica (generatrice di miti e leggende).
Ho trovato, inoltre, di estremo interesse un’osservazione di Bloch in La società feudale (pp. 100 – 104):

Agli occhi di tutte le persone capaci di riflessione, il mondo sensibile non appariva più che come una specie di maschera, dietro la quale avvenivano tutte le cose veramente importanti, oppure come un linguaggio destinato a esprimere per mezzo di segni una realtà più profonda. E poiché un tessuto di mera apparenza non offre per sé scarso interesse, questo preconcetto conduceva generalmente a trascurare l’osservazione a profitto dell’interpretazione.

Rileggendo un po' queste pagine traspare propria una forma mentis dell'uomo medievale caratterizzata da senso della precarietà, mentalità magico-simbolica con cui guarda la realtà che lo circonda.

I FONDATORI DEL MEDIOEVO LATINO
Ecco attraverso un elenco i principali personaggi di questo periodo:
  • San Girolamo che compose fra la fine del IV e l’inizio del V secolo la Vulgata. Non solo aggiornò e corresse le versioni latine del Nuovo Testamento dando loro una forma definitiva, ma tradusse dall’ebraico l’Antico Testamento, offrendo così il testo completo in latino della Bibbia;
  • i Padri della Chiesa, cioè quegli scrittori che avevano preso le difese della nuova religione contro il mondo pagano e gettato le basi della cultura cristiana. Se San Girolamo non solo aveva contribuito a far conoscere gli scrittori cristiani (con 135 brevi biografie) e nel contempo anche testi greco-romani, i Padri della Chiesa, invece, avevano preso una posizione di netto rifiuto della cultura antica, in quanto subordinata a culti giudicati superstiziosi e primitivi. Questo atteggiamento continua anche nei secoli successivi da parte degli ambienti religiosi più legati al misticismo medievale e al conseguente rigorismo. Gli ordini monastici e soprattutto quello cluniacense, fondato da Ottone di Cluny nel 1908, propugnavano una forte sottomissione della ragione alla fede, il rifiuto del mondo e la vita contemplativa. Questa tendenza, che si ispirava alla tradizione platonica, più incline al misticismo e a valorizzare la fede piuttosto che la ragione), sarà combattuta da quella dialettica della scolastica che si rifaceva invece alla tradizione aristotelica e rivalutava perciò il metodo razionale (già avviata da Abelardo); 
  • Agostino con il suo sermo humilis, tipico della letteratura cristiana, nelle prediche, ma anche nella trattatistica teoretica e mistica. Di Agostino, vorrei riportare un’osservazione: pur servendosi del sermo humilis, faceva ricorso a tutti gli strumenti della retorica classica e ne raccomandava l’uso. Inoltre, egli faceva filtrare, all’interno della teologia cristiana, l’influenza del neoplatonismo greco (di Plotino e Porfirio) in modo tale che la cultura classica potesse essere tramandata; 
  • Boezio e Cassiodoro che continuarono quell’atteggiamento di Agostino di mediare la cultura classica e quella cristiana, producendo una re-interpretazione allegorica del passato;
  • il canone scolastico oggetto del prossimo post.


 

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