lunedì 25 aprile 2011

San Tommaso: partecipazione e analogia

Sempre facendo riferimento al libro di riferimento che ho precedentemente citato, vorrei affrontare in maniera più precisa il tema della creazione/partecipazione/analogia.

Si tratta di un tema non facilissimo perché parte da alcuni presupposti che riguardano i concetti di esistenza ed essenza che sono tutt’altro che semplici!

ENTE ED ESSENZA
L’ente è la prima cosa che l’intelletto concepisce. Può essere:
  • ontologico o ente per sé, ovvero sostanza (la prima delle dieci categorie aristoteliche), è accidente;
  • logico o copula nei giudizi;
Nel primo caso, l’ente è essenza o ciò che si dice nella definizione, il quid est. Nella sostanza, l’essenza è costituita dalla forma e dalla materia: ad esempio, l’essenza dell’uomo è di essere un composto di corpo e anima e la si può intendere senza che sia necessario pensarla esistente. Ciò che significa che il suo essere, come quello di ogni altro ente, non discende dalla sua assenza o quidditas, ma proviene da un’altra fonte, ovvero da Dio. E’ proprio Dio che fornisce l’essere in atto in ogni cosa esistente.

Il passaggio a esistenza, ad atto è un atto esistenziale o entitativa, estrinseco all’essenza sostanziale, cioè non è implicito nel concetto stesso di essenza. Questo atto è da intendersi come un qualcosa di ricevuto dall’Essere, il solo in cui l’Essenza è il suo stesso Essere, il solo che è l’Essere stesso sussistente, Atto puro.

La materia è potenza rispetto all’atto o forma, mentre l’essenza è potenza rispetto all’esse, alla sua esistenza in atto, che riceve solo da Dio, il solo che è l’atto stesso di essere. Perciò Dio è uno, gli altri enti possono essere molteplici. 

Il mondo esiste non per il fatto che esiste, ma per l'atto essendi perchè l'esistenza non è un fatto, ma è un atto e Dio non è il Motore Immobile, ma è l'Atto puro e libero (non chiuso) dell'esistere di ogni cosa.

CREAZIONE E PARTECIPAZIONE: LA RELAZIONE ANALOGICA
Tommaso parla spesso di creatio ex nihilo e prova razionalmente questo concetto utilizzando la Metafisica di Aristotele che, a sua volta, utilizza Platone. Secondo Tommaso è causa delle determinazioni che hanno gli enti (ad esempio, la Bellezza in sé è causa delle cose più o meno belle, e la Verità in sé è causa delle cose più o meno vere) ovvero esiste “quanto è possibile dire attorno a Dio”, ma l’Essere che è causa (dell’essere della bontà e della verità di tutti gli enti, in un certo senso causa dell’essere della divinità), non può essere che creatore. E’ Dio colui che fa esistere tutto o l’Atto puro di esistere, non c’è che il nulla e creare è appunto far esistere il nulla.

L’essere di Dio, dunque, non va confuso con l’essere degli enti anzi la relazione che intercorre è una relazione di analogia: Dio è l’Essere da Sé-per Sé, il mondo ha l’essere per partecipazione.
L’analogia si fonda sulla partecipazione degli esseri all’Essere che, a sua volta, implica la creazione.

Questi tre termini (creazione, analogia e partecipazione) fondano l’assoluta trascendenza di Dio e l’autonomia del reale nel suo proprio essere. Dio è necessitato dal mondo e il mondo non è solo ombra di Dio. L’ente come partecipa dell’essere, così partecipa del vero, l’essere rapportato all’intelligenza, del bene.

L’analogia entis è data anche dall’essere creature, con gradi diversi, immagini o vestigia del Creatore, che si rifletto nel creato. L’uomo, creatura intermedia tra gli enti solo spirituali e quelli soltanto materiali, nella realtà creata sensibile occupa il primo posto: solo l’uomo è a somiglianza e a immagine di Dio, non perfetta, ma imperfetta. La somiglianza è graduale e corrisponde al grado di partecipazione e perciò di perfezione: ci sono tre gradi descrivibili attraverso queste formule “in quanto sono”, “in quanto vivono” e “in quanto intendono”. Solo l’uomo, dotato di intelligenza, si attua il grado supremo di partecipazione e vi è una somiglianza specifica; solo l’uomo è vera immagini di Dio e non soltanto come vestigio come lo sono gli altri esseri.

Riporto una nota (p. 82 dell'articolo che ho precedentemente citato). 
Cum in omnibus creaturis sit aliqualis Dei similitudono, in sola creatura ratioanli invenitur similitudo Dei per modum imaginis ut supra [...] dictum est: in aliis autem creaturis per modum vestigii. Id autem in quo creatura rationalis excedit alias creaturas, est intellectus sive mens. Unde reliquitur quod nec in ipsa rationali creatura invenitu Dei imago, nisi secundum mentem (Summa Theologia, I, 93, 6). Qui vi risiederebbe una distinzione tra immagine (similitudinem speciei) e vestigio (per modum effectus qui sic repraesentat suam causam, quod tamen ad speciei similitudinem non pertingit). 

Ora, appurato il rapporto tra Dio e il mondo e tra Dio e l'uomo, come è definibile il rapporto tra l'uomo e il mondo? Homo factus ad imaginem Dei dicitur, secundum quod significatur intellectuale et arbitrio liberum et per se potestativum. L'uomo è immagine di Dio anche per volontà perchè dotato di libero arbitrio, è principio delle sue opere. E' autonomo nell'ordine naturale non solo sul terreno teoretico ma anche su quello pratico. Ma la sua volontà conoscitiva e operativa non ha come fine di assimilarsi ai suoi simili o al mondo, ma di assimilarsi sempre imperfettamente a Dio attraverso l'esercizio dell'intelletto, il cui oggetto è la verità, e della libertà, il cui oggetto è il bene (ricordando che intelligenza e volontà libera sono perfettissimamente in Dio).

ANTROPOLOGIA TEOLOGICA 
Aver introdotto il tema dell'uomo e nello stesso tempo parlare e argomentare tematiche religiose porta quasi a definire la filosofia di Tommaso come un'antropologia teologica (Sciacca) perchè ogni riflessione sull'uomo implica una questione teologica. In un certo senso fondamentali per questo tipo di filosofia dell’essere sono proprio il concetti di verità per l’intelletto e il bene per la volontà.

Quale è il fine ultimo dell’uomo? Quotidianamente, l’uomo apprende solo enti e beni finiti e la volontà è libera di scegliere tra i beni conosciuti: in mancanza del Bene assoluto, sceglie beni più inferiori (che Tommaso chiama libertas minor). Ma la profonda aspirazione dell’uomo è proprio quella di liberarsi dalla libertà di scelta (libertas minor) per un atto amoroso di Dio stesso che la fa tramutare in volontà amorosa (libertas maior che, a differenza di quella minor, è necessitante).

Il fine e il bene dell’uomo consiste nel perfezionamento della propria natura verso il fine supremo che è il Creatore. Perciò la volontà, preceduta e illuminata dall’intelletto aspira al Bene che è Dio, nella cui visione, dopo una vita terrena moralmente conforme, tra innumerevoli cadute, è la sua suprema beatitudine. Il fine supremo dell’uomo è mettersi in condizione di santità.

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