In questa seconda parte dedicata a San Tommaso vorrei prendere in considerazione due argomenti.
Il primo riguarda ancora una postilla metafisica, mentre il secondo la teoria della conoscenza.
POSTILLA METAFISICA
San Tommaso, e con lui la filosofia tomistica, considera gli esseri umani come esseri finiti che sono stati creati da Dio, ovvero che essi hanno la loro esistenza per partecipazione. Con questo termine, Tommaso intende l’atto con cui le creature, grazie a Dio “prendono parte all’essere”:
Allo stesso modo che quanto è infuocato e non è fuoco, è infuocato per partecipazione, così ciò che ha l’essere e non è l’essere, è ente per partecipazione
Summa Theologiae
Il senso di questa teoria è che l’essere non è identico, ma solo simile o corrispondente all’essere di Dio. E’ questo il principio dell’analogicità dell’essere che Tommaso desume da Aristotele, ma che acquista in lui un valore del tutto diverso. Se Aristotele aveva diviso i vari significati dell’essere rispetto alle varie categorie, riportandoli poi all’unico significato di sostanza, Tommaso distingue tra essere di Dio ed essere delle altre cose. Questo perché l’essere delle creature, separabili dall’essenza è creato, mentre quello di Dio è identico all’essenza e necessario.
Questi due significati dell’essere non sono univoci, ma simili o analoghi: le creature sono simili per partecipazione all’essere di Dio, che è il primo principio universale di tutto l’essere, ma Dio non è simile ad esse. Il rapporto analogico si estende a tutti i predicati che si attribuiscono nello stesso tempo a Dio e alle creature perché è evidente che nella Causa agente devono sussistere in modo indivisibile e semplice quei caratteri che negli effetti sono divisi e moltiplicati.
Questa è la tesi della diversità pur nella somiglianza:
LA TEORIA DELLA CONOSCENZA
La teoria della conoscenza di San Tommaso si fonda sul concetto di astrazione.
L’astrazione (dal latino abstractione, derivato di abstrahere, trarre via da) è il processo attraverso il quale il soggetto conoscente riceve le forme o le specie (sensibili o intelligibili) delle cose, astraendole dai corpi con i quali sono unite.
Cognitum est in conoscente per modum cognoscentis
L’oggetto conosciuto è nel soggetto conoscente in conformità della natura del soggetto conoscente
L’astrazione si riferisce soprattutto alla conoscenza intellettuale, la quale è un astrarre la forma dalla materia individuale, un tirar fuori l’universale dal particolare, la specie intelligibile dalle immagini singole, cioè dal cosiddetto “fantasma”. Il fantasma è la riproduzione di un oggetto sensibile che la persona si fa a livello di immaginazione. Essendo qualcosa di sensibile e individuale, il fantasma non è il concetto che, invece, deve essere universale e intelligibile.
Tra i sensi corporei che conoscono la forma unita alla materia delle cose particolari e gli intelletti angelici che conoscono la forma separata dalla materia, l’intelletto umano si trova in una posizione mediana. L’intelletto è una virtù dell’anima che è forma del corpo: può conoscere le forme delle cose perché unite ai corpi, ma nell’atto di conoscerle, le astrae dai corpo.
Analizziamo meglio questa astrazione: come noi consideriamo il colore di un frutto, prescindendo dal frutto, senza perciò affermare che esso esista separato dal frutto, così è possibile conoscere le forme o le specie universali dell’uomo, del cane, del fiore, prescindendo dai principi individuali a cui vanno uniti, ma senza pretendere che esse esistano separatamente da questi. L’astrazione non falsifica la realtà, non afferma la separazione reale della forma non dalla materia generale (altrimenti non potremmo intendere che l’uomo è costituito anche di materia), ma da quella individuale: consente soltanto la considerazione separata dalla forma e tale considerazione è la conoscenza intellettuale umana. Infatti, la materia è duplice, cioè comune (esempio: carne e ossa), signata o individuale (questa carne, queste ossa). L’intelletto conoscendo non astrae la forma dalla materia sensibile comune, ma da quella individuale.
Da queste considerazioni è più facile comprendere il principium individuationis. Un uomo è diverso dall’altro non perché è unito a un corpo, ma perché è unito a un determinato corpo, diverso per dimensioni, cioè per la sua situazione nello spazio e nel tempo, da quello degli altri uomini. Risulta pure da questa dottrina che l’universale non sussiste fuori delle cose singole, ma è reale solo in esse. Sicchè esso è in re (come forma delle cose), post rem (nell’intelletto) e ante rem (solo nella mente divina, compre principio o modello delle cose create.
L’intelletto (intus legere, ovvero leggere dentro) ha il compito di penetrare sino alle essenze delle cose: è una facoltà conoscitiva superiore, inorganica, che esercita le sue funzioni indipendentemente dalla materialità del corpo. L’intelletto agente è proprio la facoltà di astrarre le forme intelligibili dalla materia individuale, premettendo all’intelletto di esprimere i concetti.
Infine, cos’è la verità per San Tommaso?
Il procedimento astrattivo dell’intelletto garantisce la verità della conoscenza intellettuale perché garantisce che la specie esistente nell’intelletto è la forma stessa della cosa, e che perciò vi è corrispondenza tra intelletto e cosa. La verità è adeguazione della cosa all’intelletto. Inoltre, Dio è verità suprema, in quanto il suo intendere è la misura di tutto ciò che è e di ogni altro intendere. In Dio l’essere e l’intendere coincidono: intendere le cose significa in Dio comunicare ad esse l’essere, posto che all’intendere sia congiunta la volontà creativa.
La verità unisce l’aspetto logico-gnoseologico (corrispondenza tra intelletto umano e le cose) e quello ontologico-trascendentale (ogni ente si adegua all’intelletto divino che lo ha creato).
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