sabato 30 aprile 2011

Perchè si raccontano le imprese del passato?

Imbattendomi nei diversi generi medievali (tra cui l'agiografia, l'epica, la poesia cavalleresca, i romanzi d'avventura, le liriche provenzali, il Dolce Stil Novo, la Scuola di Sicilia), mi sono trovata a leggere un saggio di Bachtin sull'epopea. Saggio che mi ha molto incuriosito e di cui riporto le riflessioni.

La parte del saggio che io ho preso in considerazione si trova in Problemi di storia del romanzo. Metodologia letteraria e dialettica storica, Luckacs, Bachtin e altri, Torino, Einaudi, 1976, pp. 192-196.

Perchè l'epica racconta le imprese del passato? La risposta di Bachtin è la seguente: perchè non intende esprimere giudizi critici su problemi ancora aperti, ma presentare modelli, rispetto ai quali si possono avere atteggiamento soltanto di venerazione.
Bachtin usa la categoria (o forma) assiologico – temporale, per indicare l’ordine gerarchico che l’epica stabilisce fra i tempi (passato e presente): in questa gerarchia il passato occupa un posto più alto; ciò che è primo nel tempo, è primo anche nella scala dei valori.

Così riporta:

Il passato epico assoluto è l’unica fonte e principio di tutto il bene anche per i tempi successivi. Così afferma la forma dell’epopea.

Si tratta di un passato assoluto, in cui tutto è bene, e tutto è ciò che è sostanzialmente buono si trova in questo passato. Non c’è ancora la coscienza della relatività del passato: non c’è in questo passato assoluto un passaggio graduale che lo leghi al presente. Il passato epico è:

chiuso come un cerchio e in esso tutto è terminato e compiuto interamente. Nel mondo epico non c’è posto per alcuna incompiutezza, apertura, problematicità. Non vi è lasciata alcuna scappatoia verso il futuro; è autosufficiente e non richiede né presuppone alcuna continuazione. […] Il passato epico, che un confine invalicabile delimita dai tempi successivi, si conserva e si manifesta soltanto sotto forma di tradizione nazionale. L’epopea si appoggia soltanto su questa tradizione […] Non lo si può vedere, palpare, toccare […] esso è dato soltanto come tradizione, sacra e incontestabile, che comporta una valutazione universale ed esige per sé un atteggiamento rispettoso.

Il passato assoluto, oggetto dell’epopea, e la tradizione incontestabile, sua fonte, determinano la distanza epica di questo genere:

Il mondo epico è compiuto totalmente non solo come evento reale di un passato lontano, ma anche nel suo senso e nel suo valore: non lo si può mutare, né reinterpretare, né rivalutare.

Il cantore e l’ascoltatore appartengono entrambe allo stesso tempo (il presente) e di qui guardano agli eroi e alle vicende che sono materia dell’epica come a un passato remoto, concluso e perfetto. L’eroe tipo, Rolando, non era il cavaliere che andava per avventure per motivi personali e individuali, ma le sue gesta erano un dovere di difesa nei confronti della comunità. L’eroe rappresenta il bene, e perciò le sue imprese devono essere situate nel passato, rispetto al quale non sono più possibili valutazioni critiche.

Interessante logica e dimostrazione, voi cosa ne pensate?

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