Mi sono accorta, scrivendo i post sul periodo medievale, che pian piano cresceva la confusione nel mio stato mentale. Come è possibile mettere a fianco il pensiero di Tommaso d’Aquino e quello per esempio espresso dall’autore dell’Imitazione di Cristo? Non dico che ci sia un abisso in mezzo, anche perché anche San Tommaso è fortemente un credente come lo era, prima di lui, Agostino. Tuttavia, leggendo i testi si percepisce una pesantezza (importanza) di contenuti nel capostipite della scolastica.
IL MEDIOEVO: LA CONTRADDIZIONE
Per chiarirmi le idee ho deciso di prendere in considerazione il seguente testo Il Medioevo. Barbari, cristiani, musulmani curato da Umberto Eco (Encyclomedia Publishers, 2010). Ammetto che fin dall’inizio mi ha risolto un dubbio:
In effetti questo periodo era sempre diverso anche da se stesso, salvo che cercava di non dirlo. La nostra epoca moderna ama mettere in scena le proprie contraddizioni, mentre il Medioevo ha sempre teso a occultarle. Tutto il pensiero medievale vuole esprimere una situazione ottimale e pretende di vedere il mondo con gli occhi di Dio, ma è difficile conciliare i trattati di teologia e le pagine dei mistici con la passione travolgente di Eloisa, le perversioni di Gilles de Rais, l’adulterio di Isotta, la ferocia di fra’ Dolcino e dei suoi persecutori, […] Leggiamo i testi dei manoscritti, che forniscono un’immagine ordinata del mondo, e non comprendiamo come si potesse accettare che venissero decorati ai margini con immagini che mostravano il mondo a testa in giù e vestivano scimmiette con abiti vescovili (pp. 33-34, il grassetto è mio).
Rassicurante che qualcun altro abbia percepito questa confusione mentale che nasce da contraddizioni testuali (i contenuti dei testi).
Sempre proseguendo nella lettura, Tommaso viene definito come “il colpo di scena” di questo periodo. Questo è confermato dal fatto che a Costantipoli , il segretario imperiale Demetrio Cidone impara il latino proprio per leggere i testi di San Tommao a cui seguirà la traduzione dei suoi testi, di quelli di Agostino e una maggiore attenzione ad Aristotele (in particolare da parte del teologo Gennadio II Scolario).
Un secondo dubbio che mi è sorto riguarda proprio la compresenza nel panorama enciclopedico delle conoscenze di Aristotele e Platone. Prevalentemente tutto il settore religioso cristiano è molto affine al platonismo, tuttavia la presenza di Aristotele emergerà pian piano nel corso dei secoli. Il neoplatonismo e l’utopia di una repubblica platonica animeranno molti circoli umanistici, come quelli di Marsilio Ficino, ma l’aristotelismo di Scolario (prima citato) ha contribuito fortemente a formare l’ideologia della Chiesa ortodossa post-bizantina, particolarmente sospettosa nei confronti di ogni tipo di dottrina che faccia riferimento al magistero di Platone.
Queste due autorità filosofiche antiche influenzeranno tutto il panorama culturale del Medioevo e vorrei analizzare proprio questo elemento in uno dei prossimi post.
BOEZIO
Un autore che mi ha molto incuriosito è Anicio Manlio Torquato Severino Boezio (480 – 525). Così viene definito nel libro che ho citato (p. 305)
“Ultimo dei Romani e primo degli scolastici”, secondo la fortunata definizione di Lorenzo Valla, Boezio è uno dei tramiti fondamentali fra il pensiero greco antico e quello dell’Occidente medievale. Autore di scritti logici e scientifici che saranno studiati per secoli nelle scuole, teologo ma anche commentatore di opere antiche, scrive poco prima della morte la Consolazione della Filosofia, uno dei classici immortali della letteratura europea.
Quello che mi ha particolarmente incuriosito è il programma di studi di Boezio. Sono suoi cinque brevi trattati di teologia su temi cristologici e trinitari, scritti sulla musica e sull’aritmetica, ma è soprattutto il programma scientifico a far da padrone. Per comprendere l’intento, è necessario ricordare quanto sia forte in Boezio la volontà di conservare e diffondere il patrimonio di conoscenza greco, con particolare riguardo per quelle arti liberali. Facendo propria un’aspirazione che fu già di Porfirio, egli propone di tradurre tutti gli scritti di Platone e di Aristotele per poi dimostrare l’intima unità delle loro dottrine su tutti i punti fondamentali.
Questo progetto sincretistico si inquadra perfettamente sia nel contesto delle ricerche neoplatoniche del tempo, sia nell’aspirazione a salvare e conservare i più importanti risultati culturali del passato contro il vasto declino politico-sociale (p. 306).
Delle traduzioni di Platone è rimasto ben poco, ma di quelle di Aristotele sono rimaste le opere dialettiche. Si precisa, inoltre, che le traduzioni riportavano anche i commenti dei maggiori filosofi neoplatonici del tempo, da Porfirio a Giamblico. Naturalmente tra traduzione e opinioni critiche dei filosofi è possibile intravedere anche la posizione di Boezio.
RACCOLTE SU RACCOLTE
La cultura cristiana, assorbiti i saperi pagani, ne ha colto gli elementi degni di contribuire alla formazione del vero cristiano. L’utilità di questi saperi e la loro fusione con la conoscenza cristiana induce diversi autori, che si erano formati presso i profani, a produrre delle sintesi e a preservarle dalla temperie della storia. Ecco che abbiamo:
- da un lato i Padri della Chiesa depurano la cultura pagana degli elementi fantastici e illeciti. Soprattutto per Girolamo, il sapere pagano, attraente ma lontano dalla fede, deve venir epurato di tutto ciò che può essere ingannevole e che lo rende all’apparenza appetibile;
- dall’altro lato, un’integrazione delle tecniche sviluppatesi nell’età antica con quelle della fede cristiana (basti pensare a Boezio, forse uno tra i primi cristiani).
Nutrito di competenze tanto solide da aver superato i secoli, e fortificato dal continuo riferimento al Testo Sacro e alle opere dei primi Padri della Chiesa, il sapere cristiano si diffonde infatti in tutta l’Europa proprio negli anni del disfacimento delle istituzioni romane, osservando e, talvolta, accompagnando la nascita delle nuove identità di matrice barbarica.
I rivolgimenti politici, i continui scontri militari, la mancanza di una solida istituzione centrale, e, di conseguenza, il venir meno di una organizzazione pubblica dell’istruzione, delegando implicitamente il problema della formazione e più in generale della cultura alle istituzioni locali, essenzialmente monastiche, legate alla Chiesa. Al loro interno, diversi intellettuali sentono l’esigenza di raccogliere il più alto numero di informazioni provenienti da diverse tradizioni, per evitare che la temperie dei secoli centrali dell’Alto Medioevo spazzasse via ogni traccia della cultura antica e patristica.
Questo atteggiamento ha il merito di garantire, almeno in parte, una continuità nell’evoluzione della cultura occidentale, pur producendo opere di scarsa originalità (p. 311)
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