lunedì 3 settembre 2012

Autore e lettore naturalisticamente rappresentati: premesse. Parte I


In Francia, soprattutto nella seconda metà dell’Ottocento, sorgono una serie di movimenti culturali (letterari e artistici), Naturalismo prima e il Realismo (o Verismo in Italia) poi, che avranno una grande fortuna. Honoré de Balzac, Gustave Flaubert, Émile Zola, ma anche Giovanni Verga, Luigi Capuana ne furono i massimi esponenti nel campo letterario, assieme Gustave Courbet, Honoré Daumier, Jean-François Millet in Francia e il movimento dei Macchiaioli in Italia (Giovanni Fattori), in quello artistico-pittorico. 


La reazione al Romanticismo: lo smascheramento
Alla base di questo (o questi) movimento letterario c’è una forma di reazione  nei confronti del Romanticismo (Givone, p. 101). Succede, infatti, che nella seconda metà del XIX secolo il Romanticismo tramonti, sedimentando tutta quella teoria dei sentimenti dello Spirito e dell’Assoluto in intenerimenti e vaghe aspirazioni. Quello che per i romantici era il luogo dell’esperienza di verità, ovvero l’arte, diventa per i naturalisti un qualcosa da sottoporre a un’azione di “smascheramento”:

Gli scrittori della scuola naturalista dirigono l’intenzione smascherante e rivelatrice della letteratura alla “cosa stessa”, alla vita così com’è, all’esistenza nella sua nudità e nella sua crudezza 
(Givone, p. 101)

Il Positivismo: dai perchè ai come
L’orizzonte filosofico di riferimento è il Positivismo, che assieme all’evoluzionismo in Inghilterra, ha introdotto un metodo di ricerca più vicino a quello impiegato nelle scienze della natura. Le diverse discipline di studio tendono a costituirsi come scienze (Franzini-Mazzocut, p. 259). E’ proprio in quest’ottica che s’inserisce il Naturalismo.

Si precisa, infatti, che il Naturalismo non fu l’unica reazione al Romanticismo: non si deve dimenticare, infatti, il Simbolismo attraverso la ricerca nella forma del senso-per-sé, del senso dell’opera e della propria vita. La figura che meglio rappresenta questo movimento è Baudelaire, assieme a Verlaine, Rimbaud e Mallarmé: punto comune a questi autori è sicuramente l’idea che l’arte, l’arte poetica, debba rimanere incontaminata nei confronti delle problematiche sociali. In questo modo, la descrizione poetica riesce a cogliere, a trasmettere le impressioni più vaghe e indefinite e a penetrare nell’intima essenza delle cose. Baudelaire stesso scrive: “In certi stati d’animo quasi sovrannaturali, la profondità della vita si rivela interamente nello spettacolo, per comune che sia, che si ha davanti agli occhi” [GIVONE, 2008], p.101.

Con il Positivismo, soprattutto con Comte e Spencer, si sconsacrò il culto dello Spirito e dell’Assoluto per farli calare nella realtà e per riconoscerne le dimensioni genuine: dai perché dei fenomeni si passa ai come dei fenomeni attraverso una ricerca analitica del reale che parte dalla sua attenta osservazione per ricavarne le leggi costanti (Franzini-Mazzocut, p. 259). 

Naturalismo e Realismo, anche non esclusivamente, sono determinati da questo modo di intendere il fenomeno in cui l’uomo è determinato dalla natura, dagli istinti, dai bisogni materiali e dall’ambiente: compito dell’artista è diventare uno specialista che osserva in modo distaccato e neutrale – come uno scienziato – i meccanismi sociali dell’uomo, limitandosi a descriverli (Givone, p. 102). Emerge, in questo modo, la convinzione che l’esperienza non sia più un qualcosa di romanticamente irriducibile, bensì come semplice effetto e specchio della realtà. Specialmente in Francia si porta avanti la concezione della letteratura come arte oggettiva dove l’artista non deve trasparire nell’opera che vive di una vita autonoma.  




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