Come già detto, le corrispondenze non sensate che emergono pongono in questione le relazioni che esistono tra l’essere umano e il mondo, tra il reale e l’immaginario, ma anche tra l’Io e l’Altro.
Questo vuol dire che come l’essere umano può riconnettersi col passato, creando nuove forme di corrispondenze, così anche lo stesso può fare in relazione con l’ambiente. Si badi bene che in entrambi i casi, l’essere umano si trova in rapporto con un qualcosa che è altro da sé. Approssimandosi così tanto con l’ambiente in modo mimetico (mimicry), l’essere umano coglie, dunque, non solo quelle magiche corrispondenze, ma soprattutto coglie quelle interazioni che si interfacciano sempre tra l’Io e l’Altro e che permettono all’Io di familiarizzare con questo ([Gebauer – Wulf, 1995], p. 278).
Ritornando a livello del linguaggio e soffermandosi sulla scrittura, gli autori riflettono sul concetto di autobiografia e ritengono che questa possa effettivamente riconnettere l’uomo al significato allegorico di queste esperienze magiche e primitive, momenti di umana esperienza perduta, momenti aurorali ([Gebauer – Wulf, 1995], p. 279).
Alla base del concetto di aura, si ritrova, infatti, proprio il carattere mimetico di ricollegarsi immergendosi con il mondo e con la natura, rendendo l’essere umano simile al mondo. Questa “originaria” modalità di interpretare il mondo, di rappresentare la manifestazione di un’unica distanza, sembra scomparire con le moderne tecnologie: queste, infatti, rendono meccanico e non umano il rapporto tra uomo e mondo. Questo modo “burocratico” annichilisce la sacralità dell’evento (auroralità) e quanto rimane è solo la sensazione di aver perduto qualche cosa ([Gebauer – Wulf, 1995], p. 279).
E da qui, parte un altro importante aspetto del pensiero di Benjamin.
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