martedì 11 settembre 2012

Premesse: il tema del ritorno. Parte IV

Come detto nel post precedente (Premesse: il tema del ritorno. Parte III), fondamentale, per capire la teoria dell'eterno ritorno dell'eguale, è il concetto di volontà di potenza


La volontà di potenza
Il concetto di “volontà come potenza” parte dalla critica posta nei confronti della concezione meccanicistica della natura, contro la quale Nietzsche sostiene che i fenomeni non debbano essere per forza giustificati per un determinato scopo o ragione:

Non si possono “spiegare” la pressione e l’urto, non ci si sbarazza della actio in distans – si è perduta la fede nella stessa possibilità di spiegare e si concede con faccia sorniona ch si può descrivere ma non spiegare, che l’interpretazione dinamica del mondo 
[NIETZSCHE, 2000, La volontà di potenza. Frammenti postumi ordinati da Peter Gast e Elisabeth Förster-Nietzsche, a cura di Ferraris M. e Kobau P., Milano, Bompiani, p. 339]

Tutti i fenomeni sono sintomi di qualcosa che avviene internamente, ovvero la volontà di potenza da intendersi come forza che si oppone al regolare e all’immobile. Il fatto è che, secondo lo stesso, “la regolarità delle successioni ci ha talmente viziati che non ci meravigliamo del miracolo” [NIETZSCHE, 2000, p. 340], pertanto il linguaggio della scienza è un linguaggio che vizia attraverso nozioni di regolarità e di immobilità (formule matematiche). E’ pura illusione che qualcosa venga veramente conosciuto attraverso una formula matematica perché questa non può fare altro che descrivere:

pensare che qui delle forze obbediscano a una legge in modo tale che ne consegua che da questa obbedienza otteniamo ogni volta il medesimo fenomeno è pura mitologia 
[NIETZSCHE, 2000, p. 343]

La componente soggettiva
Gli scienziati si trovano in errore quando propongono un’immagine del mondo che è priva proprio di quella sua parte soggettiva che è forza, che è disposizione a vivere la vita pienamente. Questa componente soggettiva è:

il necessario prospettivismo grazie al quale ogni centro di forza – e non soltanto l’uomo – costruisce partendo da sé tutto il resto del mondo, ossia lo misura sulla propria forza, lo tasta, lo foggia [NIETZSCHE, 2000, p. 347 (corsivo di chi scrive)]


In altre parole, la volontà di potenza, di cui parla Nietzsche, s’identifica con una certa forza, concepita come un qualcosa di soggettivo, interiore, come una libertà creatrice che, ergendosi al di sopra del caos della vita, impone ad essa i propri significati e le proprie interpretazioni. L’essere ri-crea l’essere se accetta questa dimensione interiore della volontà di potenza come forza:

Estrema irritabilità, per cui un esempio dato si comunica in maniera contagiosa – uno stato d’animo viene già indovinato e rappresentato per mezzo di segni … Un’immagine che emerge nell’interiorità e già opera come movimento delle membra – una certa sospensione della volontà … (Schopenhauer!!!) Una specie di sordità, di cecità per ciò che è esteriore – l’ambito degli stimoli ammessi è strettamente limitato 
[NIETZSCHE, 2000, p. 441] 

Conclusioni
In un tale contesto, in cui l’essere si ri-crea continuamente, la questione della mimèsi trova una serie di considerazioni importanti. 

In primo luogo, la dimensione soggettiva, dimensione unica e dionisiaca, implica l’impossibilità di ri-crearsi mimeticamente. Da qui, nasce l’idea di arte come suprema forza creatrice della vita: la vita può essere opera d’arte, se si accetta tale impulso di potenza, altrimenti ci si dovrà piegare all’immobilità e al quotidiano.
In secondo luogo, escludendo la dimensione quotidiana della vita, la pratica mimetica si riversa nella temporalizzazione eterna della presentazione del reale che viene rappresentato ricorrendo all’immagine del circolo. Questa è la suprema formula dell’affermazione dell’essere: essere come eterno ritorno ed essere come istinto e forza creatrice.
Affinché questa volontà di potenza e forza creatrice possano conservarsi nel tempo, è necessario accettare l’idea d’irripetibilità [NIETZSCHE, 2000, pp. 558-559]: in altre parole, l’atto soggettivo del creare, che può essere inteso anche come cambiamento, dipende dall’accettazione che tutto ritorna.  

Nessun commento:

Posta un commento