lunedì 24 settembre 2012

Conclusioni: Cicerone, ovvero il cogitare tamen possumus pulchriora


Nel post precedente (Conclusioni: Aristotele e il libero sfogo delle emozioni), si è accennata a una prima (anzi primissima) forma di artistic self-assertion.

Questa prima forma di autonomia, trova la sua applicazione nella figura di Cicerone, personaggio fondamentale in cui la questione della pratica mimetica attraverso la retorica diventa opportunità di emancipazione dal modello di riferimento. L’uomo ha l’opportunità di avere non un solo modello di riferimento, bensì tanti e, inoltre, possiede l’ingenium di “cogitare tamen possumus pulchriora” (Orator, I, 8). Pur rispettando la gerarchia modello-copia, l’artista ha a disposizione le sue caratteristiche personali e il suo repertorio enciclopedico di conoscenze provenienti dallo studio per poter perfezionare il modello e, in casi eccezionali, diventare lui stesso un nuovo modello di riferimento. 

Il fatto è che per Cicerone di estrema importanza nell’arte è ciò che ha origine nella mente dell’artista. Si comincia a parlare di qualcosa che possiede un certo carattere inventivo, insistendo sul fatto che l’oggetto della rappresentazione artistica non consiste nella mera copia dell’originale già dato dalla natura, ma in una immagine ideale, prodotta dalla mente dell’artista. L’imitazione, contrapponendosi alla verità, non è affatto una copia fedele a un modello, ma una libera rappresentazione in base a un modello ideale, in base cioè alle “idee” (dove il termine idee deve essere inteso come forme percepibili, create dalla mente dell’artista).

Per quanto concerne il periodo romano, consiglio la rilettura dei seguenti post:

Nessun commento:

Posta un commento