Mentre l’Impero Romano si sta avviando verso la sua
conclusione, emergono altre interessanti riflessioni, come quelle proposte da
Plotino (nel presente post) e Sant’Agostino (nel successivo post).
Plotino, fondatore del neoplatonismo, propone
un’interpretazione del rapporto mimetico tra reale e rappresentazione come tentativo di fondere le prospettive razionalistiche della grande tradizione
filosofica (Platone e Aristotele) con le nuove spinte irrazionalistiche e
religiose della cultura contemporanea.
Partendo dal fatto che il rapporto di
compartecipazione e di somiglianza tra l’Uno e l’uomo, attraverso la sua anima, è
inteso come desiderio di unione con la realtà intelligibile, la contemplazione
di questa può essere intesa come attività di rispecchiamento e di specularità,
in modo tale che l’anima possa essere sempre più somigliante all’Assoluto. Tale
aspirazione mimetica rappresenta il superamento della condanna di Platone
proprio perché i termini non sono solo quelli di modello e copia, ma
d’intelligibile e sensibile: tra loro esiste inevitabilmente e necessariamente
un rapporto archetipico e mimetico dal momento che il mondo sensibile è immagine di quello ideale.
A tutto ciò si deve aggiungere il fatto che l’arte, intesa
come imitazione della natura, crea e genera bellezza ispirandosi al bello
ideale tramite la mediazione dell’anima: questa, infatti, permette alle arti di
riprodurre le misure e la luce di quel mondo ideale.
La bellezza ideale
dell’Uno s’irradia e si emana anche sui prodotti dell’arte, pertanto l’arte può
essere considerata a tutti gli effetti una via d’accesso all’Uno proprio in
virtù di questa somiglianza. E’ questa la chiave di lettura
dell’interpretazione della mimèsi: se il bello ideale è riflesso del bello
sensibile, anche l’artista e la sua attività di creazione saranno il riflesso
della capacità creativa dell’Uno, capacità non da considerarsi come
qualitativa, ma solo quantitativa.
Questo diverso modo di intendere l’uomo come
rispecchiamento del divino porta a concludere che comincia ad apparire
all’interno di questo contesto un certo self-conception, tale per
cui l’uomo e la sua capacità intellettuale sono uno specchio produttivo e
vivente dell’universo e, dunque, anche del divino.
Rimando, se interessati, ai seguenti post:
- il principio di unità in Plotino (Plotino: tra neoplatonismo e sincretismo, ma non solo);
- l'imitazione della natura e il concetto di bellezza (Plotino: la posizione dell'arte nell'Assoluto e Plotino: ulteriori precisazioni).
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