Nel binomio somiglianza - differenza, la ripetizione
All’interno di questo percorso
che parte dall’Ottocento con Nietzsche e si conclude con Derrida, la questione
della mimèsi si trova sempre meno legata alla disputa tra riferimento emulativo
o creativo a un modello: la terminologia cambia leggermente e l’ambivalenza che
si presta all’analisi diventa quella di somiglianza-differenza. In questo
contesto, la differenza non necessariamente implica la negazione
e il contesto della pratica mimetica non è più legato ai vincoli e ai
pregiudizi della rappresentazione ([Melchiorre, La Differenza e l’origine, Milano, Vita e Pensiero,
1987], p. 354).
La questione è da porsi, dunque,
affrontando un altro termine, ovvero quello della ripetizione:
La messa in crisi del concetto di
rappresentazione (la cui ascendenza è heideggeriana) è uno degli aspetti
principali della riflessione di Deleuze ed è tema in sé di capitale importanza ([Melchiorre,1987], p. 354).
Con il termine ripetizione,
Gilles Deleuze (1925-1995) non intende un processo al cui termine i singoli
elementi sono interscambiabili e perfettamente simili. La ripetizione non ha
come criterio basilare lo scambio: due cose ripetute non sono interscambiabili,
proprio come due gemelli non sono identici tra loro ([Deleuze, Differenza e ripetizione, Bologna, Il Mulino, 1971], pp. 9-10). Ciò che permette di
giudicare la ripetizione come differenza non è tanto l’intelletto, ma la memoria
o il cuore, organi, appunto, amorosi della ripetizione ([Deleuze, 1971], p. 10).
La ripetizione come trasgressione e liberazione della volontà
In questi termini, la ripetizione
porta con sé la possibilità di differenziarsi dalla generalità, di elevare
all’ennesima potenza ed estrarre la forma superiore. Facendo riferimento al
concetto dell’eterno ritorno di Nietzsche (Premesse: il tema del ritorno. Parte I, Parte II, Parte III, Parte IV), Deleuze afferma:
volontà di potenza
non ha per nulla il significato di “volere la potenza”, ma al contrario:
qualunque cosa si voglia, elevare ciò che si vuole all’ennesima potenza vale a
dire estrarre la forma superiore, grazie all’operazione selettiva del pensiero
nell’eterno ritorno, in virtù della singolarità della ripetizione proprio
nell’eterno ritorno
([Deleuze, 1971], p. 20)
La ripetizione, che non implica
di per sé né il concetto di generalità né quello di somiglianza, bensì della
loro differenza, può diventare anche trasgressione rispetto alla legge
naturale e a quella morale. In altre parole, è un qualcosa di nuovo, è una
liberazione della volontà, è il ritorno dell’Identico nella differenza ([Deleuze, 1971], p. 73).
L’identità
si determina come ripetizione e questa si costituisce travestendosi di volta in
volta attraverso una maschera ([Deleuze,
1971], p. 35). Antropologicamente, l’uomo si ripete perché
non solo alcune volte se ne dimentica, ma soprattutto perché certe
esperienze (e anche certi errori) le riesce a vivere pienamente nella ripetizione ([Deleuze, 1971], p. 36).
E’ nella
ripetizione che, ad esempio, in ritmologia si possono vivere istanti privilegiati:
questi s’identificano con quei valori tonici e intensivi all’interno di una
serie ritmata da intervalli regolari ([Deleuze,
1971], p. 41).
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