mercoledì 2 marzo 2011

Un po' di storia I: periodo arcaico, aureo e argenteo


Fino ad ora ho preso in considerazione gli autori della società e cultura nell’età della tarda repubblica. Si tratta dell’età di Cesare, di Cicerone che va dalla morte di Silla alle Idi di marzo del 44.
Tuttavia la storia della cultura e della letteratura romana non si conclude qui: vorrei occuparmi, d’ora in poi, del periodo successivo a Cicerone (con una breve parentesi ancora riguardante al periodo aureo) e comprendere bene quest’epoca così vasta e diversificata.

Fino a Lucilio, la poesia latina era stata opera di letterati di origine non romana e di condizione sociale non elevata (talora anche servi, se pur affrancati per meriti artistici). La loro attività era stata incanalata verso forme di produzione letteraria direttamente controllate dallo Stato (commedia e tragedia) o mediate attraverso il filtro di illustri protettori. Il poeta di età arcaica (dal 241 a.C. al 78 a.C., morte di Lucio Cornelio Silla) non possedeva il prestigio familiare e l’indipendenza economica per rendersi autonomo nelle proprie scelte e per affermare la propria personalità.
Solo con Lucilio, i figli delle famiglie notabili e possidenti, italiche e romane, scelgono di essere poeti. La poesia di Lucilio, nonostante la forte carica di soggettività restava ancora legata ai valori morali e civili della res publica.
La conquista della soggettività come spazio esclusivo di espressione poetica è un avvenimento da iscrivere nella cultura del I secolo a.C. Ci sono i poeti nuovi (Catullo), oratori/filosofi (Cicerone), storiografi (Cesare e Livio), poeti (Virgilio, Lucrezio, Ovidio, Orazio) e molti altri ancora che, con il loro testi, avviano un periodo di grande portata innovativa e trasgressiva, sul piano etico, estetico che possiamo sintetizzare nei seguenti punti:
  • la scelta dell’otium letterario in quanto dimensione autonoma, nettamente separata dall’attività politica, verso la quale i nuovi poeti manifestano per lo più un atteggiamento di estraneità e disinteresse, talora un drastico rifiuto;
  • la sprezzante esclusione o progressivo allontanamento dai generi illustri della tradizione (epica e tragedia) a favore di una poesia di argomento soggettivo o erotico-mitologico;
  • la centralità, nell’attività artistica, delle esperienze personali e sentimentali (e in particolare di quelle amorose)
  • un ideale di poesia raffinata ed elitaria, programmatica svincolata da impegni di esemplarità civile e morale, rivolta a pochi amici selezionati e non all’intera civitas.
La poesia, insomma, comincia a diventare una realtà autonoma e assoluta che richiede dedizione totale. Il poeta esalta la propria individualità umana, identificandosi solo nei valori che ritiene più opportuni e affini. Anche quando utilizza un patrimonio di immagini e di concetti tradizionali, lo fa in modo del tutto personale, risemantizzandoli e innestandoli originalmente nel proprio sistema poetico.
Il poeta arcaico usava ogni parola e ogni concetto facendo riferimento all’intera città, di cui era il cantore; il nuovo poeta soggettivo, che trova in sé e nella propria interiorità i valori etici ed estetici, fa riferimento esclusivamente alla piccola città degli amici e dei solidale, crea una poesia di circolo, disinteressata ai grandi temi pubblici e nazionali.

Ora proviamo a fare un salto temporale e posizioniamoci nel periodo dell’età giulio-claudia (14-68 d.C.). Non siamo più nel periodo aureo di Cicerone e Augusto, ma in quello che potremmo definire come “argenteo” (che durerà fino a Traiano, 117 d.C.) e il genere letterario principale è quello storiografico. Tra Livio e Tacito fiorisce un ampio numero di storici, molti dei quali si dedicarono alla trattazione degli avvenimenti contemporanei e delle guerre civili, ritenute a ragione la causa prima dei rivolgimenti istituzionali in atto. La storiografia era stata, con l’oratoria, tradizionale appannaggio dei membri del senato: mentre l’oratoria, ormai svuotata del suo tradizionale significa, era rapidamente degenerata in età augustea nelle forme ludiche e spettacolari delle declamationes, la storiografia continuò a restare la forma privilegiata di espressioni della nobilitas. Non stupisce, dunque, il sempiterno conflitto tra princeps e senato, che tale storiografia assume presto come dichiarata opposizione al principato ed esaltazione nostalgica della libertas repubblicana e dei suoi rappresentanti più esemplari (Cicerone, Catone Uticense, Bruto e Cassio). Insomma è una storiografia di opposizione.

Per quanto riguarda la poesia, c’è un periodo di stagnazione creativa. L’unica novità è rappresentata dalle favole di Fedro, un genere situato ai margini del sistema letterario tradizionale. Prevale nel complesso un tono leggero.
A determinare tale situazione contribuiscono senza dubbio vari fattori, primo fra tutti il clima di sospetti, di servilismo e di repressine che segna la nuova età imperiale. I rapporti tra uomini di cultura e potere sembrano ridursi ai modi dell’encomio o del conflitto: opere intere bruciate, denunce per aver composto una tragedia alludendo in modo diverso alla figura di Tiberio, eccetera.
Virgilio e Orazio avevano celebrato il regime augusteo, ma in forme originali e meditate, senza venir meno a una sostanziale autonomia di giudizio. Dall’obsequium si passa ora alla più plateale adulatio in cui al posto dell’invocazione alle muse si sostituisce quella rivolta al princeps. Si aggiunga, infine, il rapido tramonto del mecenatismo: le grandi famiglie romane , ormai svuotate di peso politico, preferiscono dirottare le loro ambizioni sulla magnificenza della vita mondana e i princeps non sono particolarmente interessati.

L’età di Nerone, invece, si prospetta diversamente con una rifioritura della poesia e del mecenatismo.
Nerone promuove le arti e istituisce i ludi: da qui poesia e diversi generi letterari. La poesia satirica di Persio, il poema storico di Lucano, il teatro tragico di Seneca, eccetera.
La politica culturale di Nerone va interpretata nell’ambito di un progetto assolutistico di segno ellenizzante: il protagonismo e spettacolarità di Nerone si contrappone al conservatorismo della nobilitas.
Con gli scrittori augustei, la letteratura latina era giunta alla conclusione di un lungo processo storico di imitazione-emulazione dei modelli greci. Tuttavia, già a partire da Ovidio qualcosa cambiò: nuove modalità espressive, utilizzo dei diversi generi letterari. E la poesia ovidiana preannuncia e in parte influenza gli esiti della poesia di età neroniana, definita come anticlassica, manieristica o baroccheggiante (descrittivismo, amplificazione, virtuosismo verbale, sovrabbondanza retorica, digressione, effetti ingegnosi, vibrazione patetica). Insomma il poeta di età neroniana è spinto a forzare il linguaggio oltre i limiti imposti dalla tradizione, che pure resta un punto di riferimento irrinunciabile (soprattutto Ovidio e Virgilio).
Ecco, dunque, rinnovarsi le declamationes, esercizi retorici, recitationes, letture di brani , con un successo travolgenti che identificano un periodo caratterizzato da spettacoli sia politici (istrionismo di Nerone), sia letterario (spettacoli).

Nessun commento:

Posta un commento