Aver definito questo periodo di riferimento come “periodo pre-medievale cristiano” potrebbe parere ambivalente. Tuttavia, quando ho cominciato a studiare la storia romana, mi sono accorta che ad un certo punto la capitale politica dell’Impero non era più a Roma, ma a Milano (pur rimanendo il Senato a Roma) e che i princeps avevano come consiglieri vescovi e prelati. Insomma, per me non si stava più parlando della Roma di Cicerone e tantomeno di romani. Iniziano le scorribande dei barbari e una tendenza all’orientalizzazione della cultura.
Insomma, per me le cose cambiarono e molto. Inoltre, la sensazione che ho percepito è quella di estrema paura nei confronti di chi si poteva trovare ai confini dell’Impero. Un periodo buio che per me corrispondeva anche all’introduzione di una religione di stato non occidentale.
Per poter comprendere meglio questo momento, che ripeto si trova ancora nel periodo dell’Impero romano, vorrei proporre i punti di vista di due personalità: il primo è Lucio Aurelio Avianio Simmaco, senatore pagano, il secondo Aurelio Ambrogio, vescovo e politico, contemporaneo del primo.
I due si trovarono a disquisire a proposito della rimozione o meno della statua della Vittoria dall’altare innanzi al Senato (dove i senatori erano soliti bruciare grani d’incenso e prestare giuramento). L’imperatore cristiano Costanzo II, nel 357, ordinò la rimozione mentre poi Giuliano la fece rimettere al suo posto. Nel 382 Graziano annunciò una serie di norme e restrizioni per i pagani come la privazione delle rendite e dei privilegi fiscali alle vestali e ai collegi sacerdotali, la confisca dei beni e la rimozione della statua. Immediatamente il Senato chiede a Simmaco di recarsi a Milano e di convincere Graziano ad abrogare queste misure. L’imperatore rifiutò persino di incontrare tale delegazione. Succederà poi, dopo una serie di uccisioni, Valentino II, dodicenne e Simmaco torna nuovamente all’attacco (Relatio de ara Victoriae, Epistulae), mentre dall’altro versante si muove Ambrogio con il suo epistolario. Niente da fare per Simmaco: ormai Ambrogio assunse un rilievo maggiore e la statua (ormai l’altare era stato rimosso) probabilmente andò persa durante il sacco di Roma del 410 da parte dei barbari di Alarico.
Si prendano in considerazione le tesi di queste due personalità.
La tesi centrale del discorso di Simmaco è che le due religioni, cristiana e pagana, non sono incompatibili. Dal momento che nessun uomo può penetrare fino in fondo nel mistero divino, varie debbono essere le vie che conducono alla verità:
uno itinere non potest perveniri ad tam grande secretum
(Relatio de ara Victoriae, 10)
Il concetto di tolleranza veniva, dunque, fondato su premesse ecclesiastiche e relativistiche:
suum enim cuique mos, suus ritus est: varios custodes urbibus cultus mens
divina distribuit ; ut anime nascentibus, ita populis fatales genii dividuntur
(Relatio de ara Victoriae, 8)
Ambrogio, invece, considerava centrale l’idea di Cristo che si era rivelato agli uomini: la sua rivelazione era unica e anche la via alla verità e alla fede era unica (unum iter). Alla tolleranza del paganesimo, il cristianesimo rispondeva con la severità della fede militante, che non ammette alternative. L’intransigenza di Ambrogio era anche dettata dal timore che la dottrina cristiana venisse inghiottita, e stravolta, nel gran crogiuolo del sincretismo tardo imperiale.
Ma la questione era anche un’altra: cosa significa rifiutare o accettare la religione pagana?
In primo luogo, in età imperiale il concetto di tradizione cambiò collocazione semantica per acquistare il significato di fede: da un qualcosa che era legato alla sfera politica e culturale, fortemente connotato alle tradizioni morali, diventa un qualcosa di sentimentale, religioso e, naturalmente, politico.
In secondo luogo, riporto le annotazioni di Agostino nel De doctrina Christiana (II, 60).
Secondo Agostino, non c’è alcun dubbio che sia sul piano pratico, sia su quello dogmatico si debba rifiutare un’apertura alla religione pagana. Tuttavia, riconosce che la cultura pagana comprende, accanto alle falsità e alle menzogne, verità che devono essere recuperate:
sed etiam liberales disciplinas usui veritatis aptiores et quaedam morum praecepta utilissima continent deque ipso uno Deo colendo nonnulla vera inveniuntur apud eos. Quod eorum tamquam aurum et argentum quod non ipsi instituerunt, sed de quibusdam quasi metal1is divinae providentiae, quae ubique infusa est, eruerunt, et quo perverse atque iniuriose ad obsequia daemonum abutuntur, cum ab eorum misera societate sese animo separat, debet ab eis auferre Christianus ad usum iustum praedicandi Evangelii. Vestem quoque illorum, id est, hominum quidam instituta, sed tamen accomodata humanae socieytati qua in hac vita carere non possumus, accipere atque habere licueruit in usum convertendo Christianum.
(ma contengono anche discipline liberali molto adatte all'uso della verità e esistono, sempre fra i pagani, utilissimi precetti morali e persino riferimenti al culto di un unico Dio. E’ come oro e argento che essi non hanno estratto, per così dire, dalle miniere della divina provvidenza, che è diffusa ovunque, e di cui fanno uso perverso e offensivo a servizio dei demoni. Quando il cristiano si separa spiritualmente dalla loro società apportatrice di miserie, deve strapparli da loro per volgerli al retto uso della predicazione del Vangelo. Anche i loro vestiti, cioè alcune norme istituite dagli uomini e tuttavia appropriate alla società umana dalla quale in questa vita non possiamo estraniarci, sarà lecito accoglierle e possederle per volgerle all’utilità dei cristiani)
Ancora un’ultima annotazione sul sincretismo prima accennato.
Due secoli prima della caduta dell’Impero Romano d’Occidente, la religione romana contrasse le prime contaminazioni orientali (lo abbiamo detto anche a livello culturale negli ultimi post). Proprio la tendenza a coalizzare elementi culturali e religiosi eterogenei appartenenti a due o più culture o dottrine diverse è la caratteristica di questo periodo: paganesimo e orientalizzazione, fino ad arrivare al cristianesimo. Esempio ne fu Severo Alessandro che favorì una religione di tipo sincretistico: nel suo palazzo imperiale c’erano raffigurazioni dei grandi “santi” dell’umanità come Apollonio, Abramo, Cristo, Orfeo fino allo stesso Alessandro Magno.
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