mercoledì 9 marzo 2011

Apuleio, Boezio e Cassiodoro

Apuleio è una personalità molto interessante.
In primo luogo perché appare evidente la sua aspirazione a conseguire una cultura enciclopedica, coronata dalla conoscenza della filosofia, chiave dell’universo, sintesi e culmine di ogni sapere secondo l’indirizzo dottrinale abbracciato. Philosophus Platonicus si compiacque di definirsi egli stesso. Viaggiò a lungo sospinto da quella curiositas che appare la cifra più vistosa della sua personalità.

Di Apuleio, il testo principale che abbiamo è Le metamorfosi ovvero L’asino d’oro. Si tratta di un’opera di notevole ampiezza, dove si narrano le avventure di Lucio, un giovane scholasticus bramoso di conoscere e sperimentare i segreti dell’arte magica che, in seguito a un incantesimo sbagliato, si trasforma in asino. Imprigionato nel corpo animalesco attraversa ogni sorta di peripezie e di travagli, finchè il benigno intervento di una divinità, l’egizia Iside, non lo restituisce alla forma umana; riconoscente egli si consacra per sempre al culto della dea. Nel corso della vicenda principale si inseriscono numerose storie secondarie, secondo la tecnica del racconto ad incastro.

Il motivo della metamorfosi animalesca risale alle più remote tradizioni orali e preletterarie delle civiltà antiche, diramandosi tanto nel patrimonio favolistico-popolare quanto nella produzione letteraria colta, da Omero (l’episodio di Circe nell’Odissea) alla poesia ellenistica delle Metamorfosi di Ovidio per comparire anche in una novella magico-folclorica del Satyricon di Petronio.

Certo è che questo testo sembra essere un crocevia di generi letterari. L’architettura di questo testo è molto stratificata sia nei contenuti sia negli intenti al punto tale da andare oltre al filone narrativo del romanzo ellenistico d’avventura e d’amore. Vi ritroviamo diversi generi: dalla tragedia alla elegia, dall’autobiografia al racconto mitico-filosofico, dal teatro comico alla satira, dalla poema epico alla storiografia all’oratoria. L’operazione parodistica, il rovesciamento carnevalesco e irridente dei generi che si sono riscontrati in Petronio, qui assumono una forma più raffinata. I temi e i motivi riportati nel testo sono ricondotti alla misura di fabula, cioè di genere letterario minore, in modo tale che il romanzo nel suo complesso possa essere inteso come una sorta di enciclopedia popolare dei generi letterari tradizionali. In questo modo Apuleio può rivolgersi a un più vasto pubblico: da quello meno colto, probabilmente interessato alle avventure e agli amori, a quello più colto, che riuscirà a cogliere il senso globale e individuare i diversi generi messi in mostra.

Ci sono dunque due livelli da considerare: uno è quello delle singole storie, l’altro è quello della visione d’insieme che non solo ci porta a vedere la stratificazione in diversi generi del testo. Vi è qualcosa in più che nasce dalla lettura e una seconda lettura che abbia la funzione di svelare il significato profondo del testo. Appena si è compiuta la nuova metamorfosi di Lucio, il sacerdote di Iside pronuncia un discorso che getta restrospettivamente una nuova luce sull’intera vicenda, svelandone il vero significato. Allora, e soltanto allora, tutto quanto ci è stato narrato in precedenza sembra assumere le connotazioni di una allegoria: il viaggio compiuto da Lucio sarebbe un viaggio iniziatico. Lucio si è macchiato di bassa sensualità e di sacrilega  curiosita; alla caduta è seguita l’espiazione entro un corpo animalesco, infine il suo riscatto per benevolenza di Iside che si è mossa a pietà chiamandolo a una nuova vita in seno alla comunità degli adepti.
Solo dopo questa seconda lettura (seconda perché fa riferimento a un livello secondo), ri-considerando le vicende narrate, si scoprono i diversi segnali presenti nelle diverse fabulae che prima non erano così chiare.

Una di queste fabulae, quella che si trova in posizione centrale (IV libro) e sembra essere quasi un testo a sé stante, è quella che narra la novella di Amore e Psiche. Restano tuttora avvolte nel mistero le origini del mito di Amore e Psiche e innumerevoli sono le interpretazioni: qui importa sottolineare che, nel corso dei primi dieci libri, l’unico elemento atto a insinuare nel lettore delle Metamorfosi il sospetto di avere fra le mani un romanzo “a chiave” è proprio la storia di Psiche.
Il parallelismo delle vicende tra Lucio e Psiche: anche Lucio, come Psiche, è stato sedotto dalla curiositas, dovrà affrontare un faticoso pellegrinaggio, ma Iside lo libererà come Amore libera Psiche. Anch’egli dovrà scendere all’Ade nel contesto del simbolismo dei misteri egiziani, e il frutto della sua mistica unione con Iside sarà l’inexplicabilis voluptas. Voluptas è la figlia di Psiche e di Amore, un piacere che non è possibile svelare.

Si tratta di un messaggio religioso (come rievocazione e ripetizione del sacro mito di Iside e Osiride) oppure altro? Sicuramente le ipotesi teleologiche sono molto coerenti, tuttavia perché non considerare anche il piacere del raccontare (l’uso di metafore, la varietas barocca, i richiami allusivi ai poeti delle diverse epoche). In questo modo, la presenza dei due livelli sarebbe doppiamente giustificata.

Riporto qui di seguito l’incipit e un passo tratto dalla novella di Psiche (la sua trasformazione)

At ego tibi sermone isto Milesio varias fabulas conseram auresque tuas benivolas lepido susurro permulceam -- modo si papyrum Aegyptiam argutia Nilotici calami inscriptam non spreveris inspicere --, figuras fortunasque hominum in alias imagines conversas et in se rursus mutuo nexu refectas ut mireris. Exordior. "Quis ille?" Paucis accipe. Hymettos Attica et Isthmos Ephyrea et Taenaros Spartiatica, glebae felices aeternum libris felicioribus conditae, mea vetus prosapia est; ibi linguam Atthidem primis pueritiae stipendiis merui. Mox in urbe Latia advena studiorum Quiritium indigenam sermonem aerumnabili labore nullo magistro praeeunte aggressus excolui. En ecce praefamur veniam, siquid exotici ac forensis sermonis rudis locutor offendero. Iam haec equidem ipsa vocis immutatio desultoriae scientiae stilo quem accessimus respondet. Fabulam Graecanicam incipimus. Lector intende: laetaberis.” (I, 1)

[Eccomi a raccontarti, o lettore, storie d'ogni genere, sul tipo di quelle milesie e a stuzzicarti le orecchie con ammiccanti parole, solo che tu vorrai posare lo sguardo su queste pagine scritte con un'arguzia tutta alessandrina. E avrai di che sbalordire sentendomi dire di uomini che han preso altre fogge e mutato l'essere loro e poi son ritornati di nuovo come erano prima. Dunque, comincio. Certo che tu ti chiederai io chi sia; ebbene te lo dir? in due parole: le regioni dell'Imetto, nell'Attica, l'Istmo di Corinto e il promontorio del Tenaro nei pressi di Sparta sono terre fortunate celebrate in opere pi? fortunate ancora. Di l?, anticamente, discese la mia famiglia; l?, da fanciullo, appresi i primi rudimenti della lingua attica, poi, emigrato nella citt? del Lazio, io che ero del tutto digiuno della parlata locale, dovetti impararla senza l'aiuto di alcun maestro, con incredibile fatica. Perci? devi scusarmi se da rozzo parlatore qual sono, mi sfuggir? qualche barbarismo o qualche espressione triviale. Del resto questa variet? del mio linguaggio ben si adatta alle storie bizzarre che ho deciso di raccontarti. Incomincio con una storiella alla greca. Stammi a sentire, lettore, ti divertirai.]

Tali verborum incendio flammata viscera sororis prorsus ardentis deserentes ipsae protinus tanti mali confinium sibi etiam eximie metuentes flatus alitis impulsu solito porrectae super scopulum ilico pernici se fuga proripiunt statimque conscensis navibus abeunt.
At Psyche relicta sola, nisi quod infestis Furiis agitata sola non est aestu pelagi simile maerendo fluctuat, et quamvis statuto consilio et obstinato animo iam tamen facinori manus admovens adhuc incerta consilii titubat multisque calamitatis suae distrahitur affectibus. Festinat differt, audet trepidat, diffidit irascitur et, quod est ultimum, in eodem corpore odit bestiam, diligit maritum. Vespera tamen iam noctem trahente praecipiti festinatione nefarii sceleris instruit apparatum. Nox aderat et maritus aderat primisque Veneris proeliis velitatus in altum soporem descenderat.” (v, 21)

[Con queste parole di fuoco infiammarono l'animo della sorella che gi? divampava, poi la lasciarono in asso temendo esse stesse di restare pi? oltre sul luogo di tanto misfatto e fattesi portare in alto fino alla rupe dal solito soffio di vento, via di gran corsa fino alle navi per poi fuggire lontano. ?Ma Psiche, rimasta sola, anche se sola non era perch? tormentata da Furie ostili, si sentiva turbata e sconvolta come un mare in tempesta e bench? risoluta e ferma nel suo proposito, bench? gi? sul punto di consumare il misfatto, provava una certa esitazione e nella sua sventura era combattuta da sentimenti diversi. Ora voleva affrettarsi, ora differiva l'azione, voleva osare e aveva paura, disperava e a un tempo ardeva dalla collera, insomma odiava la bestia e amava il marito che erano un essere solo. ?Tuttavia mentre scendevano le prime ombre della sera, trepidante e in gran fretta ella dispose ogni cosa per il delitto. 'Venne la notte e giunse anche lo sposo che, dopo essersi un po' cimentato in qualche schermaglia amorosa, cadde in un sonno profondo]

Ancora ultime due osservazioni sulla doppiezza dei livelli.
Secondo Tzvetan Todorov in ogni fiaba si possono trovare sempre due funzioni:
  1. quella del narratore (simulacro dell'autore);
  2. quella dell'ascoltatore (simulacro del lettore). 
Nel caso di Amore e Psiche, la doppia costruzione è la seguente:
  1. narratore = la vecchia 
  2. ascoltatore = Carite
Ma non è totalmente corretto, dobbiamo aggiungere Lucio che sia ascolta la storia della vecchia, sia narra l'intero componimento. Pertanto, la struttura diventa la seguente:
  1. narratore = la vecchia e Lucio (simulacri di Apuleio)
  2. ascoltatore = Carite e Lucio (simulacri di noi, lettori).
Lucio è il personaggio chiave in cui si incontrano e si confondono lo scrittore e il suo pubblico.

In ultimo, secondo voi questa storia di Amore e Psiche è una fiaba o un mito. Propp considera il mito più antico della fiaba e progenitore, sostenendo che la differenza fra i due non è di forma, ma di funzione. La fiaba è fondata sull'invenzione poetica e rappresenta una finzione della realtà, mentre il mito è una narrazione di carattere sacrale alla cui veridicità si crede, esprimendo la fede sacra del popolo.
In realtà, la situazione non è così semplice da definire: è certo che questa storia è in parte mito (con una funzione educatrice = espiazione e la conversione religiosa), e in parte fiaba (con funzione di intrattenimento = romanzo d'avventura). Quello che è certo è che questa storia non è una rappresentazione, cioè non è un rito religioso, ma il racconto educativo e divertente di una storia inventata.

Apuleio muore nel 175 d.C. e nonostante Traiano sia morto da 58 anni, siamo ormai nel periodo della decadenza. Vorrei concludere proprio con gli ultimi due autori, Boezio e Cassiodoro.

Di Boezio (Roma 475, Pavia 525) vorrei ricordare multiforme attività volta a mettere in salvo il patrimonio della cultura e della filosofia greca minacciato dalla progressiva dissoluzione delle strutture scolastiche imperiali. In un primo tempo, fra il 502 e il 507, Boezio si applicò a una serie di trattati che includessero le conoscenze fondamentali del quadrivio: De Istitutione Arithmetica, De Istitutione Musica, De Istitutione Geometrica e De Istitutione Astronomica. Attinggendo alle fonti della tradizione platonico-pitagorica, l'autore si focalizza sui valori mistico-simbolici contenuti nei numeri e nelle loro combinazioni (l'attuale cabala).

Di Cassiodoro (Scolacium 475, Scolacium 580) vorrei ricordare, infine, il suo testo Le Variae, una raccolta in dodici libri delle lettere ufficiali e dei decreti scritti dall'autore per conto di Teodorico e dei suoi successori. Composti in uno stile ricco e ornato, tali documenti costituirono il modello della prosa cancelleresca fino al tredicesimo secolo. Da essi venne ricavata la dottrina dei tre stili (umile, medio, sommo) richiamandosi ai classici latini.


Nessun commento:

Posta un commento