domenica 23 gennaio 2011

La Repubblica di Platone: tassello n° 3


Quali testi e/o passi abolire dall’educazione dei guardiani? E perché?
Ecco dei brevi passi dal testo del III° libro di La Repubblica:

- e che a mortali e immortali apparissero case tremende a vedersi, squallide, agli dei stessi odiose. Ah! Pur nelle case di Ade sussistono anima e spettro, ma sentimenti vi mancan del tutto.
Platone conferma la sua intenzione nel voler cancellare queste espressione dai testi che costituiscono l’educazione dei ragazzi non perché siano poetiche, e dunque non giovino piacere nell’ascolto, ma perché, poiché sono molto poetiche, non possono essere ascoltate dai giovani che dovranno essere liberi dalla schiavitù più che dalla morte. Il fatto è che il senso di morte, di violenza e di terrore non sono elementi fortificanti; ecco perché secondo Platone è necessario bandire nomi terribili e spaventosi usati a sproposito. Questo discorso vale se i giovani di cui si sta parlando saranno i futuri guardiani: questi a maggior ragione dovranno essere messi in guardia da tale senso d’orrore che potrebbe farli diventare troppo emotivi e molli;

- ahi, ahimè! Sorte vuol che Sarpedonte, l’uomo a me più caro, domato sia dal Meneziade Patroclo! Qualora si vogliano rappresentare le divinità, è necessario non dare di loro un’immagine empia. Non è possibile dare un’immagine non vera di qualcosa/qualcuno che invece produce solo bene e vero. Nessuno dovrebbe assumersi questo compito: forse solo i governanti possono mentire, a fin di bene (ad esempio, ingannare i nemici). Questo è loro permesso fare perché oltre a governare la città, devono saper governare anche i piaceri del bere, dell’amore e del mangiare;

- spirando ardente passione andavan gli Achei in silenzio, timorosi dei capi.
Anche in questo caso, le parole esprimono un atteggiamento che non si fa al temperamento del futuro governante;

- e dal cratere vino attingendo in giro lo porti e nelle coppe lo versi il coppiere.
Si tratta di un verso che non fornisce un esempio di padronanza di sé, come quelli che ritraggono Zeus come un invasato d’amore per Era, impazzito di passione e senza più ragione. Non sono discorsi adatti: se devono essere ripresi uomini celebri, attraverso le loro parole o i loro atti, bisogno farlo in un certo modo (percotendosi il petto rimproverava il suo cuore così. Soffri, mio cuore! Più orribil dolore altra volta hai patito).
Ancora una volta, Platone si sofferma sulla rappresentazione degli dei dicendo che, facendo loro solamente del bene, qualora si fornissero rappresentazione ingannevoli di loro, queste sarebbero nocive a chi le ascolta perché chiunque troverà una giustificazione della propria cattiveria. E’ per questo che bisogna evitare di far leggere ai giovani tali “favole” (così le definisce anche Platone), proprio perché possono far sorgere facilità a commettere del male.

Servono dei poeti più austeri e meno piacevoli, che si limitino al linguaggio della persona per bene e forniscano modelli posti per legge in principio.

Infine, per quanto riguarda i tipi di narrazione, Platone ne elenca tre: semplice, imitativa e un misto tra i due. La forma imitativa sarebbe quella nella quale il poeta finge di non essere lui a parlare, mentre fa avanzare la voce di uno dei suoi personaggi. Si rende simile nella voce e nella figura.
In particolare, la forma poetica che si fonda totalmente sull’imitazione è la tragedia (e con essa la commedia), mentre quella semplice fa riferimento alla poesia di ditirambi e quella mista a alla poesia epica. Ancora una volta, la tragedia, ovvero la rappresentazione di forti passioni, è dannosa. Dannosa, all’educazione dei guardiani poiché loro saranno gli artefici della libertà dello stato e non potranno né fare né imitare altre cose. E se imiteranno lo dovranno fare in riferimento a modelli forti, temperanti, coraggiosi, pii, liberi, modelli che non siano illiberali ed evitare che l’imitazione li porti al bel guadagno di essere ciò che imitano.

Evitare, dunque, modelli che sviano fin dalla giovane età poiché se si comincia dalla tenera età, allora i modelli si consolidano in abitudini e costituiscono una seconda natura.

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