giovedì 30 giugno 2011

Ulteriori approfondimenti sul concetto di arguzia

(appunti tratti dal testo Dal Barocco all'Ottocento di Lucia Rodler, Paravia, 2000, pp. 1 - 38) 

Ingegno  o argutezza in italiano, agudeza in spagnolo, esprit o préciosité in francese, wit in inglese, Witz in tedesco, di questo vorrei trattare procedendo per osservazioni varie.

1.
Le tematiche sull’arguzia, meraviglia e piacere non mettono in contraddizione il nuovo pensiero scientifico e sperimentale?
Bisogna considerare che alla metà del secolo (600), si stava spegnendo la generazione di coloro che, a seconda delle discipline, avevano contribuito alla nascita del pensiero moderno: Francis Bacon, Johannes Kepler, Galileo Galilei, Johannes Baptista va Helmont, René Descartes. Alla luce della pratica sperimentale, essi avevano rifiutato le convinzioni di tipo teorico sulla centralità dell’uomo nell’universo, promuovendo una serie di contraccolpi a taluni luoghi comuni e a ogni verità d’opinione riconducibile al “verosimile”. In una realtà divenuta polimorfa e centrifuga, anche i rapporti umani andavano visti con sospetto come forme di comunicazione aperta e problematica. Ricordiamoci che siamo nell’epoca di Donne in cui:

New philosophy calls all in doubt, […] and freely men confess that this world’s spent, / when in the planets, and the firmament / they seek so many new; […] ‘tis all in pieces, all coherence gone; / all just supplì, and all relation? (John Donne)

2.
Emanuele Tesauro è stato citato nel post precedente e vorrei soffermarmi per riportare alcune osservazioni che ho trovato nel testo citato.

Si parte dalla messa in discussione della relazione tra significato e significante del segno linguistico dal momento che ci si domanda fino a che punto le parole siano legato al mondo della natura (esiste ancora il legame tra verba e res). Questa domanda trova terreno fertile nell’idea generale che il linguaggio nasca da una facoltà interiore, la fantasia, facendo a meno della realtà esterna.

Reso libero dal referente, dal mondo esterno, il segno appare caratterizzato da una libertà comunicativa infinita: ecco che, dall’altro versante, pullulano una serie di trattati di retorica forti a regolamentare questa forte potenza.

Tesauro ritiene che sia i verba sia i linguaggi non verbali costituiscano una riserva di argutezze, ossia di potenzialità di significanti che attendono un lettore capace di porle in atto. Importantissimo è il meccanismo della metafora che secondo l’autore è il più fecondo parto dell’ingegno umano, rendendo più familiari alcune nozioni che, contrariamente, potrebbero sembrare slegate. Crea una reciproca corrispondenza tra le cose per far emergere in un vocabolo solo un teatro di meraviglie e imparare nuove cose. Ecco che per Tesauro l’argutezza ha un valore o meglio un potenziale conoscitivo assai importante. Inoltre, le metafore sono fabbricate con fatica dalla mente umana, ovvero dall’ingegno che rappresenta la facoltà intermedia tra intelletto e fantasia, pensiero analitico e impressione dei sensi, che inventa e stabilisce comparazioni sempre nuove.

Tesauro ritiene che la metafora sia una figura che garantisce leggibilità al mondo e attua una loro categorizzazione (somiglianza, attribuzione, equivoco, ipotiposi, iperbole, laconismo, opposizione, decezione).

Riporto la definizione di Tesauro di ingegno:

quel dono di natura che si chiama ingegno consiste a punto in congiungere, per mezzo di scaltre apprensioni, oggetti che pareano affatto sconnessi, rintracciando in essi gli occulti vestigii d’amicizia fra la stessa contrarietà, la non avvertita unità di special somiglianza nella somma dissimilitudine, qualche vincolo, qualche parentela, qualche confederazione dove altri non l’avrebbero sospettata

Fondamentalmente legato ad Aristotele, questa nozione di logica dell’amicizia è la base di qualsiasi scienza, tra cui la poesia, che crea legami di funzione tra aree disciplinari differenti. 

3.
L’arguzia è fortemente legata al gusto europeo della peripezia e della contraddizione tra intenzioni e accadimenti, fini e mezzi. Molti testi sono aforismi o sono discorsi a carattere epigrammatico, funzionali alla necessità di sottolineare le contraddizioni e gli scioglimenti progressivi della peripezia.
Da parte degli autori c’è il piacere di scomporre e ricomporre gli elementi di un ragionamento non lineare, sia che esso riguardi il rapporto tra veicolo e il tenore di una metafora, sia che invece informi la struttura episodica di un romanzo o di un dramma.
La base comune rimane, comunque, la tecnica del montaggio di motivi e metamorfosi non contigui che vengono accostati con effetti di illusione e sorpresa.

Se da un lato troviamo queste forme letterarie, dall’altro con Cartesio troviamo una forte svolta (citazione di Cartesio):

J’ai deja niè que j’eusse aucun sens ni aucun corps […] que s’ensuit-il de là? Suis-je tellement dependant du corps et des sens, que je ne puisse etre sans eux ? […] Non certes, j’etais san doute […] seulement si j’ai pense quelque chose

Già con Galileo la nuova prosa scientifica si contrappone al costume iconico dell’acutezza, al virtuosismo ludico dell’analogia, in nome di una scrittura piana e naturale, che congiunge l’esattezza della dimostrazione o dell’esperimento ai modi affabilmente ironici di una conversazione appassionata (p. 12).

Il termine chiave diventa il vero: questo vincola la fantasia inventiva alla censura della ragione e al giudizio del buon senso. Despreaux afferma (citazione sua):

le vrai seul est aimable / il doit regner partout, et meme dans la fable

Questo nuovo vincolo mimetico imposto alla letteratura, epurata dalla fantasia, voluta dai gesuiti, crea un classicismo che cerca di modellare il vero sul verosimile, universalizzando l’esistente proprio come sosteneva Aristotele (pp. 13 – 14). La perfezione degli antichi trova nuovi entusiasti ammiratori che inneggiano all’onestà dell’antico (inteso come ideale), negando lo sguardo individuale dello scrittore (per loro menzognero).



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