sabato 30 luglio 2011

Vico: il mondo della storia, gli universali fantastici e i corsi e recorsi storici

Vorrei passare a due ultimi autori, per poi passare al periodo del Romanticismo. Il primo di questi due autori è Giambattista Vico, italiano (1668 – 1744).

Il testo di riferimento è La Scienza Nuova, UTET, Torino, 1976.

LA CONOSCENZA
Alla base del pensiero di Vico sta un concetto del sapere che lo distanzia da Cartesio e che lo immette in un contesto in cui la realtà storica è molto importante. La gnoseologia di Vico si basa sul fatto che a Dio appartiene l’intendere e all’uomo il pensare: in altre parole, a Dio appartiene la conoscenza perfetta di tutti gli elementi che costituiscono l’oggetto, all’uomo il pensare e raccogliere fuori di sé alcuni degli elementi che costituiscono l’oggetto. Dio e l’uomo possono conoscere con verità solo ciò che fanno pertanto quando Vico dice verum et factum intende che c’è una forte relazione tra la verità e quello che fanno Dio (creazione di un oggetto reale) e gli uomini (creazione oggetto fittizio).

In Dio le cose vivono, mentre l'uomo deve raccogliere e astrarre, fuori di sè. La conoscenza umana nasce da un difetto della mente umana, cioè dal fatto che essa non contiene in sé gli elementi da cui le cose risultano e non li contiene perché le cose sono fuori di essa.

Il fatto che "il vero e il fatto" si identifichino, limita la conoscenza umana poiché l’uomo non può conoscere il mondo della natura. Il motivo risiede nel fatto che la natura è creata da Dio e questa può essere solo conosciuta dalla mente divina. L’uomo può invece conoscere la matematica, ma non la coscienza, il proprie essere, insomma quello che per Cartesio era il cogito. L’uomo non può conoscere la causa del proprio essere perché non è egli stesso questa causa: lui non si può creare da sé. Secondo Vico, Cartesio invece di dire “io penso dunque sono”, avrebbe dovuto utilizzare la seguente formula “io penso dunque esisto”. L’esistenza è il modo di essere della creatura e il suo esserci presuppone la sostanza, ciò che la sostiene e ne racchiude l’essenza.
Tra la conoscenza dell’uomo e quello di Dio c’è lo stesso scarto che c’è tra l’esistenza e la sostanza che la regge.


IL MONDO DELLA STORIA  
Di fronte alla natura, la conoscenza umana, dunque, è impotente, ma le è aperto il mondo delle creazioni umane, come la storia. Nel mondo della storia  l’uomo non è sostanza fisica e metafisica, ma prodotto e creazione della sua propria azione: è il mondo umano per eccellenza, fatto dagli uomini. Che cos’è, a questo punto, la storia?
Questa non è un succedersi slegato di avvenimenti che deve avere in sé un ordine fondamentale. Il mondo della storia è il mondo delle nazioni o il mondo civile:

a chiunque vi rifletta, dee recar meraviglia come tutti i filosofi seriosamente si studiarono di conseguire la scienza di questo mondo naturale, del quale, perché Iddio egli li fece, esso solo ne ha scienza e trascurarono di meditare su questo mondo delle nazioni, o sia mondo civile, del quale perché l’avevano fatto gli uomini, ne potevano conseguire la scienza degli uomini (p. 354)

Vico, però, utilizza non tanto il termine storia, ma quello di storia ideale eterna. Esiste un ordine provvidenziale che rende significante e intelligibile la storia e questo ordine prende proprio il nome di storia ideale eterna. “Sopra di essa in tempo tutte le nazioni ne’ loro sorgi menti, progressi, stati, decadenze e fini”. La storia ideale eterna è la struttura che sorregge il corso temporale delle nazioni e che trasforma la semplice successione cronologica dei momenti storici in un ordine ideale progressivo. E’ il modello della storia reale, il suo dover essere. Non significa che ci debba essere una totale identificazione tra storia ideale e storia reale: dimostrazione di questo lo sono le sempre esistenti problematicità della storia e la libertà dell’uomo. 

LA SAPIENZA POETICA
Rileggendo Vico mi sono chiesta quale posizione potesse occupare l’arte. Inizialmente, pensavo che Vico arrivasse a concludere che l’arte, forma di produzione esteriore e proveniente dai sensi non potesse trovare una giusta collocazione nella Nuova Scienza. Invece, quando ho riletto i paragrafi legati alla coscienza, al cogito dell’uomo e anche della storia, il mio primo ragionamento doveva essere rivisto.

L’arte, e in particolare la poesia, è pur sempre il prodotto della sensibilità e della fantasia, ma soprattutto è un qualcosa fatto dall’uomo. La poesia è creazione, e creazione sublime, perché è perturbatrice all’eccesso, anche fonte di emozione violente e immagini corpulente, non, come quella divina di cose reali.

Nella più grande poesia di tutti i tempi, Vico ritrova l’opera di Omero. L’Iliade e l’Odissea rappresentano non solo l’opera di un autore, ma anche l’opera di un popolo greco nell’età eroica, quando gli uomini tutti erano poeti per la robustezza della loro fantasia ed esprimevano i miti e nei racconti favolosi le verità che erano incapaci di chiarire con la riflessione filosofica. Questi sono gli universali fantastici, cioè quelle immagini poetiche rappresentative di caratteri tipici de mondo o della vita (Ulisse è l’universale fantastico della saggezza, ecc.).

I primi uomini, come fanciulli del genere umano, non essendo capaci di formar i generi intelligibili delle cose, ebbero naturale necessità di fingersi i caratteri poetici, che sono generi o universali fantastici, da ridurvi come a certi modelli, o pure ritratti ideali, tutte le spezie particolari a ciascun suo genere somiglianti (p. 332)

Ma, la poesia, come sarà anche la storia, si spegne e decade a misura che la riflessione prevale negli uomini: se la fantasia, che le da origine, è tanto robusta quanto è debole il raziocinio, gli uomini si allontanano dal sensibile e dal corpulento e sono capaci di formulare concetti universali. Questo può accadere sia all'uomo sia alla storia dell'umanità. 

LA PROVVIDENZA E I CORSI E RICORSI STORICI
Abbiamo già accennato alla provvidenza chiamandola storia ideale eterna, il dover essere. 
Esiste un ordine provvidenziale, nonostante le problematicità della storia reale e la libertà dell'uomo continuino a esistere, un ordine fatto di corsi e ricorsi storici, ovvero periodici ritorni sui suoi passi. Tale ritorno, pur non essendo fatale, incombe sulle nazioni civili: quando le filosofie decadono nello scetticismo e perciò gli stati popolari che su di essi si fondano si corrompono, le guerre civili sommuovono le repubbliche e le conducono a un disordine. Per questo disordine esistono tre grandi rimedi provvidenziali:
  1. la presenza di un monarca e la traformazione della repubblica in monarchia;
  2. l'assoggettamento da parte di nazioni migliori;
  3. il ritorno alla durezza della vita primativa fino a quando il piccolo numero degli uomini rimasti e l'abbondanza delle cose necessarie alla vita rendano possibile una rinascita, fondato su religione e giustizia. Ecco che da qui la storia ricomincia il suo ciclo.

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