domenica 24 luglio 2011

Francia: disquisendo sulla bellezza (parte II)

Per quanto riguarda, invece, le riflessioni sui non cartesiani, riporto due autori Jean Baptiste Du Bos e Charles Batteaux.
 
I NON CARTESIANI: Jean Baptiste Du Bos
Autore di Riflessioni critiche sulla poesia e sulla pittura (1719), Du Bos inizia la sua trattazione con termini diversi da quelli dei cartesiani: passione, come un qualcosa che è strettamente connesso a una serie di bisogni, e imitazione.

Une charme secret nous attache donc sur les imitations que les Peintres & les Poetes en cavent faire, dans le tems même que la nature témoigne par un frémissement intérieur qu’elle se souleve contre son propre plaisir. 
(p. 2)
E ancora sulla passione (p. 7):

Véritablement l’agitation ou les passions nous tiennent, même durant la solitude, est si vive, que tout autre état est un état de langueur auprès de cette agitation. Ainsi nous courons par instinct âpres les objets sassent sur nous des impressions qui nous coutent souvent des nuits inquiètes & des journées douloureuse : mais les hommes en général souffrent encore plus a vivre sans passions, que les passions ne les sont souffrir.

La passione è un movimento che muove l’animo, lo tiene occupato e che la ragione non apprezza completamente. André parla di sofferenza, antropologicamente umana (e qui cita Lucrezio), innanzi allo spettacolo umano: basti pensare allo spettacolo di sofferenza presentato nelle arene dai combattimenti dei gladiatori a Roma.

Ma cerchiamo di capire cosa sono le passioni reali e veritiere: queste procurano all’animo sensazioni vive e queste dovrebbero essere alla base delle arti. Infatti, il merito principale dei poemi e delle pitture consiste proprio nell’imitare gli oggetto che hanno esercitato in noi delle passioni reali; inoltre, le passioni che queste imitazioni fanno nascere in noi non sono che superficiali. Questo perché l’impressione che queste imitazioni esercitano su di noi è dello stesso genere rispetto all’impressione che l’oggetto stesso reale, che è stato imitato dalla pittura o dalla poesia, renderebbe su di noi. Insomma, la copia dell’oggetto, quella prodotta dalle arti, deve cercare di esercitare una simile passione su di noi come quella che l’oggetto stesso (reale) esercita su di noi senza il filtro artistico: le due passioni sono di due gradi diversi, una è reale, l’altra è artificiale. Quest’ultima è quella fatta dall’imitazione: è meno perfetta, è presa in prestito dalla realtà, ma manca del rapporto strettissimo tra oggetto reale e natura.

Questo discorso ricorda molto Aristotele: sentire le stesse passioni che potremmo sentire nella realtà. Esempio che presenta André è quello del quadro della Strage degli Innocenti di Le Brun: le emozioni terrificanti del momento reale non hanno nulla a che vedere con le passioni che sente l’osservatore del quadro, tuttavia la bravura dell’artista risiede nel fatto che è stato capace di far rivivere il sentimento di compassione imitando un certo fatto dal reale.

Le passioni hanno una potentissima influenza su di noi. In alcuni paesi protestanti, pitture e statue sono state bandite dalle chiese. Quintiliano diceva sic in intimos, penetrat sensus ut vim dicendi non numquam superare videatur: in questi casi, la profezia del latino si realizza. Quintiliano stesso dice che nei tribunali a volte per accrescere il giudizio di colpevolezza, si portava un quadro in cui si riproduceva la scena stessa dell’omicidio. Il potere più grande donato all’uomo e alle arti sembra, a questo punto, proprio quello di imitare o di emulare.

Gli argomenti di André ci portano su un terreno molto particolare: siamo sia in Aristotele sia in Platone. E’ logico, e qui vorrei rimandare ai miei post su Platone, che l’imitazione poetica e i poeti sono da bandire dalla repubblica perché sono pericolosi, proprio perché possono far suscitare emozioni nocive e negative. Cadremmo in balia delle nostre passioni! André afferma, invece, che anche simili arti possono diventare nobili, dipende dall’uso (bon usage, p. 26) che ne fa l’artista. Inoltre, l’operato dell’artista non è solo un semplice copiare da un altro artista (altra obiezione che fa Platone).

D’ailleurs combien de choses les Poetes imitent-ils, lesquels ne sont pas l’ouvrages des hommes, comme le tonnerre e les autres meteores, en un mot toute la nature, l’ouvrage du Createur. Mais ce raisonnement deviendroit une discussione philosophique qui nous meneroit trop loin […]
(p. 28)
 
L’unico grande errore delle arti, per André, sarebbe quello di prendere in considerazione per imitazione degli oggetti che producono emozioni mediocri e di scarso interesse. Infatti, come può la copia suscitare interesse, toccare lo spirito dell’uomo se l’originale non lo fa (p. 31)? 

I NON CARTESIANI: Charles Batteux
Il testo di riferimento di Batteaux è Le Belle Arti ricondotte ad un unico principio (1746), anche questo consultabile interamente in lingua originale su google libri. Già dal titolo si comprende come l'autore voglia trovare un principio comune a tutte le arti, capace di spiegarne sia la produzione sia la ricezione. Questo principio ambivalente è individuato nel binomio genio-gusto che opera sulla natura imitandone la bellezza attraverso l'arte. Ma l'arte non è da intendersi come un'unità astratta poichè le ati differiscono tra loro proprio in virtù dei mezzi utilizzati nel processo imitativo. Esiste, duqnue, un sistema delle arti in cui ciascuna arte, in  base a una serie di mezzi e ai rispettivi principi espressivi (tono, gesto), può svincolarsi dal paradigma mimentico. 

Ecco in breve il sistema teorico di Batteux, proposto già nei miei due post precedenti.

Batteux inizia da una divisione delle arti in tre parti:
  • l’arte che ha per oggetto il bisogno dell’uomo e che per il quale la Natura sembra abbandonarlo a lui solo. L’uomo in questo caso è solo di fronte al freddo e alla fame, ad esempio, ma può servirsi delle arti meccaniche. Queste utilizzano la natura proprio come si trova;
  • l’arte che ha per oggetto il piacere e sono le arti per eccellenza (la musica, la poesia, la pittura, la scultura, la danza, ecc.). Queste arti utilizzano la natura imitandola;
  • l’arte che ha per oggetto l’utilità e l’approvazione, come ad esempio l’architettura e l’eloquenza.

Insomma la natura è il solo e unico oggetto comune a tutte le arti. Ma non è sufficiente. E’ necessario che ci sia il genio, padre delle arti, che imiti la Natura e che la imiti proprio come questa è. Inoltre, si deve introdurre la nozione di gusto tale per cui questo esiste quando la Natura è ben imitata dalle arti. 

DIDEROT
C'è infine ancora una considerazione da fare e che è raggiungibile andando a prelevare il significato attribuito da Didero di Bello nella sua enciclopedia (Encyclopédie ou dictionnaire raisonné des sciences des arts et des métiers).
L'arte prima ancora di essere bella è la modalità originaria dell'interpretazione della natura da parte dell'uomo. Il bello potrà derivare da questo generale movimento espressivo - interpretativo nel momento in cui in esso si generano o si evidenziano oggetti emblematici, simboli che si presentano come geroglifici espressivi e che a loro volta suscitano nell'osservatore sentimenti di piacere e desiderio di possesso. La bellezza è una percezione di rapporti che Diderot stesso dichiara di difficoltosa spiegazione, ma che comunque indicano un incontro espressivo tra il sentimento dello spettatore e l'originalità simbolica dell'opera.




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