lunedì 25 luglio 2011

Inghilterra: Lockiani e non Lockiani? (parte I)

Se i tre post precedenti avevano come punto comune la nazione francese, vorrei prendere in considerazione ora un territorio diverso, l'Inghilterra.

Se l'ambiente francese è caratterizzato dalla corte, quello inglese dai circoli borghesi e dalle università.

Si parta dal testo Inquiry concerning Virtue and Merit (1699) di Anthony Ashley Cooper, Earl of Shaftesbury. Basandosi su presupposti platonici, Shaftesbury (antilockiano) tende a conciliare il bello, il bene e il vero per mostrare come, attraverso l'arte, si possa giungere a cogliere la bellezza del mondo: l'universo è un insieme che tende all'unità e l'artista è il continuatore della creazione originaria, il costruttore di una totalità organica in cui dominano armonia e proporzione. 

Legato al mondo degli antichi, contrario all'asse estetico-teorico Democrito-Lucrezio-Hobbes, Shaftesbury, parlando di morale e di virtù, afferma che non tutti gli uomini sono virtuosi (ad esempio, fin dalla prima pagina, i non religiosi e gli atei). Ora virtuoso è chi segue un certo ordine, fondamentale presenza nell'Universo; anche la malattia è presente nell'ordine e del disegno dell'Universo. Virtuoso è colui che possiede virtù che deve essere connessa alla religione e anche a un pensare razionale.

L'artista è un virtuoso, cioè un conoscitore e amatore dell'arte che possiede un'energia costruttrice, un entusiasmo pervaso di forza morale, parente della mania platonica. La bellezza sensibile sarà solo il primo passo per salire al bello razionale e morale per giungere infine al Creatore ovvero a un carattere divino. La bellezza, quella ultima, quella divina ha un carattere divino e sollecita nell'uomo la parte divina (l'illuminazione), rivelata anche dal sentimento e dalle passioni.

Altro autore è Joseph Addison con il testo I piaceri dell'immaginazione (non esiste una traduzione completa in italiano anche se parti di questo possono essere letti in inglese leggendo l'edizioni passate del The Spectator. Se uno ha pazienza di cercare una raccolta degli articoli, intitolati On the Imagination, per un totale di 11, riesci a leggerli tutti). Contrariamente all'autore sopra citato, Addison è un forte sostenitore di Locke e dell'empirismo.
Ecco brevemente i principali punti della teoria di Addison che si fonda sull'immaginazione:
  • esiste una varietà di idee e una varietà di sensazioni: that spreads itself over an infinite multitudine of bodies, comprehends the largest figures, and brings into our reach some of the most remote parts of the universe (p. 112). Questa moltitudine, questi sensi forniscono immaginazione e piacere di immaginare; 
  • il piacere dell'immaginazione si divide in due parti: piaceri primari, precedenti ai nostri occhi e piaceri secondari che provengono dalle idee di oggetti visibili, quando questi vengono richiamati dalla memoria;
  • Addison considera principalmente i secondi caratterizzandoli con tre proprietà: grandezza, novità e bellezza. La grandezza è rintracciabile nella larghezza degli spazi (immagine di libertà) e la percepiamo attraverso un pleasing kind of astonishment o delightful stillness. La novità fa accrescere la sopresa, gratifica la curiosità e fornisce l'idea di qualcosa che non si era ancora posseduto. Il nuovo ci rinfresca. Infine, la bellezza che subito fornisce una segreta soddisfazione e compiacenza. La bellezza spesso proviene da un certo uso dei colori, dalla simmetria, dalla proporzione delle parti o da una giusta composizione dei tre elementi;
  • quale è la causa di questi piaceri? Esiste un'ultima causa? Per Addison, l'ultima vera causa è da rintracciare nell'Autore Supremo: una gran parte della felicità deve provenire dalla contemplazione dei suoi esseri;
  • Addison adora la poesia e la scrittura della poesia: la perfezione delle descrizioni di scorci naturali e di campagna deliziano l'immaginazione. Questo piacere nasce un doppio principio: dalla piacevolezza della vista di questi oggetti e dalle loro somiglianze con altri oggetti, ovvero sia come originali sia come copie. Naturalmente le copie saranno maggiormente apprezzate se queste tendono a somigliare alla Natura (here the similitude is not only pleasant, but the pattern more perfect, p. 115). Proprio prendendo in considerazione questi due tipi di immagini, l'autore definisce la funzione dell'immaginazione: è necessario percepire qualche lontana analogia, e poi sarà l'immaginazione a ingrandire, comporre tutti i particolari (a colmare dunque un certo vuoto) e a fornire piacere. Siamo all'interno del piacere secondario dell'immaginazione tale per cui l'azione della nostra mente è di  paragonare i due tipi di idee, l'originale con la copia (esempio nelle stature, nei dipinti, ecc.);
  • leggere Omero, Virgilio e Ovio è per Addison meraviglioso: reading Iliad is like travelling through a country uninhabitated where the fancy is entertained with a thousand savage prospect of vast deserts, wide uncultivated marahes, huge forests, misshapen rocks and precipices [...] Homer fills his readers with sublime ideas and I believe has raised the imagination of all the good poets that have come after him (pp. 118 - 119);
  • tra i piaceri che l'immaginazione può suscitare, sicuramente si trovano anche la pietà e il terrore. Questi non nascono tanto dalla descrizione precisa degli eventi, ma dalla riflessione che noi facciamo su noi stessi leggendo queste descrizioni.
Traiamo le prime conclusioni. L'immaginazione sta in mezzo la sensibilità (i sensi) e l'intelletto (l'azione della mente) e suscita dei sentimenti di piacere. Questi piaceri possono essere primari (se generati da un oggetto fisicamente presente ai nostri occhi) o secondari (se suscitati da cose assenti o riunite attraverso la composizione di elementi diversi. L'immaginazione è strettamente connessa al gusto, essendo legata sia alla relazione sensibile con la Natura, sia all'arte.
Il pernsiero di Addison delinea un certo territorio di interesse sull'arte e sul bello, successivamente studiati anche da Francis Hutcheson nella sua Inquiry into the Original of our Ideas of Beauty and Virtue (1725). Secondo Hutcheson esisterebbe un senso interno che afferra la bellezza come uniformità con varietà: l'uomo ha una sua predisposizione interna nei confronti delle cose tale per cui questa idea che si forma nell'uomo suscita quel senso interno che tale bellezza riconosce. Parlare di senso interno significa parlare di qualcosa di complesso, lockianamente complesso.
Il testo è interamente leggibile da google libri e io ho preso in considerazione il capitolo 1, 2, 7 e 8.

Esistono delle idee che si trovano all’esterno degli oggetti e che si chiamano sensazioni; in questa situazione la nostra mente è passiva. Dietro alle sensazioni si trovano i sensi, ciascun senso ha il suo organo, tranne il sentimento che sembra abbracciare il corpo intero. La mente ha il compito di mettere assieme le idee che prima sono separate e osservare le loro relazioni e proporzioni, ma anche aumentare o meno il senso di piacere e considerarle anche separatamente.
Esiste una qualche relazione tra l’idea e l’oggetto e questa relazione spesso cambia a seconda degli uomini: le idee connesse agli oggetti sono molto complesse.
Bello, regolare e armonioso sono tutte idee, percezioni di sensi esterni della vista e dell’udito: noi percepiamo queste idee grazie alla capacità di un senso interno. Questa capacità è definibile come fine Genius or Taste (p. 9). Per giungere a bellezza e armonia i sensi esterni non bastano: è necessario un senso superiore, antecedente, distinto da qualsiasi prospettiva di interesse. E' difficile definire cosa sia questo senso interno, ma l'autore afferma che il costume, assieme all’educazione e agli esempi possono aiutare ad aumentare il nostro potere di ricezione o di paragone idee complesse. insomma possono agevolare il lavoro del senso interno.

Il senso interno si percepisce nella contemplazione dei lavori della Natura. Le opere dell’architettura, della musica, del giardinaggio, della pittura, della moda (ecc.) sono oggetti che per essere pienamente utilizzati e fruiti necessitano di questo senso interno. Il bello di queste opere deriva da un'idea che suscita proprio quel senso interno che tale bellezza riconosce, un'idea che dipende a sua volta anche dal modo di disporsi delle qualità delle cose.


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