domenica 13 febbraio 2011

Riflessioni sulla figura dell'oratore, parte I

Parte delle riflessioni che seguiranno sono state recuperate dall'introduzione al testo De Oratore curato da Amedeo Pacitti (Zanichelli, 1984)

Gli elementi posti alla base della formazone del perfetto oratore viene esposta dalla seguente frase:

"Si tratta, in effetti, di possedere un numero stragrande di nozioni, senza le quali la stessa facilità di parola diviene inutile e ridicola. Si deve badare allo stile, curando non solo la scelta, ma anche la disposizione dei termini. Si devono conoscere profondamente le passioni, che la natura ha posto nell'animo del genere umano, in quanto l'eloquenza deve esplicare tuta la sua efficacia o per calmare o per eccitare gli animi degli uomini. A tutto ciò si deve aggiungere una certa dose di grazia e di piacevolezza, cultura di uomo libero, prontezza e concisione congiunte a finezza ed eleganza nel rispondere e nel provocare [...] L'oratore [...] non deve trascurare lo studio delle leggi e del diritto civile" (I, 17-18)

Il concetto di "un numero stragrande di nozioni" viene ribadito anche nel passaggio seguente:
"... è una verità incontrovertibile che nessuno ha mai saputo eccellere nell'eloquenza senza aver appreso non solo le regole di quest'arte, ma non ha potuto neppure affermarvisi senza disporre d'una cultura enciclopedica" (II, 5)

In parte per sostenere questa tesi, Cicerone presenta due idee differenti di arte oratoria, dichiarate da due personaggi del dialogo, Crasso e Antonio (Pacitti, pp. 10-11).
Crasso si dichiara per una oratoria ricca e brillante di tipo gorgiano basata su una cultura enciclopedica (e dietro a Crasso, troviamo le riflessioni proprie di Cicerone) che, arricchita dalle qualità innate dell'oratore, dia corpo e forma all'oratore ideale. Egli deve avere una conoscenza profonda della filosofia, della psicologia, del diritto privato e pubblico, della storia di Roma, della geografia, dell'antiquaria, dei problemi politici. Insomma, deve essere il sacerdote dell'oratoria e porsi al servizio del cittadino e della repubblica ed esserne il consigliere. Per questo tipo d'oratore sono necessarie una serie di qualità attitudinali particolari: grande zelo, amore sviscerato per la sua arte, lungo esercizio della voce, bella presenza, arguzia, eleganza nell'esporre, approfondita lettura critica dei poeti e dei prosatori, paziente esercizio del tradurre (dal greco, principalmente).

Dall'altro lato, troviamo Antonio con un'idea totalmente differente. Pur non escludendo certe qualità di fondo, l'oratore potrebbe fare a meno d'una conoscenza così vasta: la sua formazione dovrebbe essere più propensa a luoghi come quelli del tribunale, del foro, del senato, nella pratica quotidiana delle cause pubbliche e private, d'ogni genere. Potrà conoscere l'essenziale delle altre discipline perchè conoscere tutto di tutto e sapere utilizzare questa conoscenza è una cosa non facile da realizzare. Per Antonio sembra che l'oratore debba essere un buon parlatore, capace di arringare partendo dal sentimento comune in una città nella quale l'attività politica è tutto. Di conseguenza, a differenza di Crasso, ci saranno alcuni generi specifici da prendere in considerazione, ovvero quello giudiziario, deliberativo, l'epidittico o dimostrativo.

Vorrei soffermarmi ancora su questa forma di cultura enciclopedica che io ritengo essere di estrema importanza. Nel corso del Libro III (111) si afferma che: "Ogni soggetto, pertanto, sia che si tratti di una questione astratta, sia che si tratti di casi concreti, riguardanti la politica e l'attività forense, offre la medesima materia di discussione: non c'è soggetto, che non si risolva in una questione teorica o pratica".

E ancora nel Libro II (64) : "is orator erit...qui quaecumque res inciderit, quae dictione explicanda, prudenter et compositione et ornate et memoriter dicet cum quadam actionis etiam dignitate"

Come fa però l'oratore a sedimentare questa cultura enciclopedica? Cicerone suggerisce la seguente strategia: "Ma è anche vero quell'altro modo di dire, che cioè gli uomini si abituano a parlare male parolando male. Per questo, in siffatte esercitaizoni, per quanto sia utile parlare spesso ed improvvisare, è assai più utile tuttavia prendersi del tempo per riflettere e parlare solo dopo aver compiuto una preparazione piuttosto accurata. Una cosa, ad essere schietti è veramente importante, una cosa che non facciamo quasi mai - costa fatica e i più la fuggono - scrivere il più possibile. [...] Solo quando scriviamo ci vengono incontro [...] sia l'arte sia il talento naturale sia la dottrina [...] (I, 150-151)

Nessun commento:

Posta un commento