mercoledì 10 ottobre 2012

Mimesis e testo: la chiamata in causa dell'enunciatore (parte I)

Considerando la categoria della temporalità e considerando quanto detto nel post precedente (La pragmatica della mimèsi come interpellazione dell’Altro (parte II)) a proposito del processo mimetico rintracciabile nei testi, è possibile affermare che questo pone in relazione passato e presente con l’avvenire, che è l’altro:

L’avvenire è l’altro. La relazione con l’avvenire è la relazione stessa con l’altro. 
[Lévinas, Il tempo e l’altro (trad. ita), Genova, Il Melangolo, 1993], p. 48.

In un certo senso, l’alterità è strettamente connessa con il concetto di continuità che si è rintracciato in quel formarsi di continue catene di testi connessi da un certo legame di familiarità che porta tale struttura testuale sempre oltre. Catena infinita in cui non è possibile trovare l’anello iniziale e originario, catena di anelli ripetitivi legati da una serie di fitte corrispondenze, ma anche di trasgressioni e di eccezionalità, e, infine, catena in cui le posizioni liminari tra visibile e invisibile, tra ciò che è prima e dopo, tra ciò che è curativo e velenoso, sono sempre più sfumate.

Il testo-altro, ovvero il testo-replica, è proprio quel pharmakon che potrebbe rappresentare la giusta soluzione oppure il capro-espiatorio da nominare e cacciare. Ma, soprattutto, il testo-replica è un testo che continua il dialogo all’interno di una zona semiosferica in cui un testo evoca un altro e nello stesso tempo lo trasforma. La struttura reticolare e a spirale di questa zona vede ogni testo portare con sé una parte che rinvia a un testo similare e una parte diversa: in altre parole il testo si configura attraverso una componente indiziaria e una referenziale. Come già si è ripetuto diverse volte, non esiste una relazione d’identità tra i testi, ma di traduzione e di rinvio ovvero di proiezione da intendersi come un pro-icio.

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