mercoledì 3 ottobre 2012

Conclusioni: parola d'ordine, TRASGREDIRE

In base a quanto in tutti i miei post precedenti, vorrei riportare la mia summa sulle conclusioni delle conclusioni.

La disamina del concetto di mimèsi è iniziata considerando il rapporto tra copia e modello per poi evidenziare altre questioni rilevanti in cui la posizione dell’uomo, come artista e come soggetto, si configura col tempo. 

Già a partire da Aristotele si percepisce un cambiamento di prospettiva tale per cui l’ambito artistico si configura come autonomo e indipendente caratterizzato da una serie di regole interne e, naturalmente, anche da quello che poi Cicerone chiamerà come ingenium. Con la dissoluzione dell’Impero Romano e l’avvento del Cristianesimo, da un lato emerge sempre di più la componente soggettiva dell’uomo (l’anima, elemento intermedio che permette di ritornare al divino) e dall’altro si nota un graduale riassestamento dell’arte e dell’artista: i segni anche di diverse epoche vanno ricollocati in amalgame in modo tale che ci possa essere una continuità tra presente e passato. Emerge, dunque, il grande problema dell’auctoritas che non solo produce ma soprattutto distribuisce i modelli di riferimento. Nel Medioevo, l’Auctoritas per eccellenza è la Chiesa e solo a partire dalla comprensione di questa situazione, è possibile comprendere come l’Umanesimo e il Rinascimento, ma anche il Barocco, propongano dispute tra “antichi” e “moderni”, dispute che vanno interpretate come momenti di guerriglia culturale in cui è in gioco l’emancipazione dal veto del modello.

D’ora in poi, quando si parlerà di pratica mimetica, la si dovrà intendere come un qualcosa composto di due istanze: una prima istanza regolatrice, all’interno della quale ogni disciplina artistica eredita dalla tradizione una serie di regole produttive, e una seconda istanza creativa, in cui è l’uomo, attraverso la sua soggettività, la sua fantasia, la sua immaginazione e la sua genialità, a rendere la sua produzione artistica non una copia di qualcosa che è stato, ma un qualcosa di non ancora creato. 

D’ora in poi, e soprattutto con il Romanticismo, la questione della soggettività diventerà centrale nella trattazione del concetto di mimèsi: nonostante con il classicismo di Winckelman non si escluda a priori il riferimento a un modello, possono esistere persone geniali anche nel tempo moderno. Questo perché, la concezione che si è venuta a creare dell’uomo è cambiata: non è soltanto un soggetto pensante e razionale, ma è soprattutto un soggetto che giudica ed è creatore di bellezza perché, sotto un certo punto di vista, la bellezza è in lui (Kant). 
Si dispiega, pertanto, un percorso appassionato del soggetto con il bello, un percorso che, però, deve cominciare a interfacciarsi anche con quello che è il non-Io, cioè la sua alterità

E lo fa anche quando non si è più all’interno del Romanticismo: se si pensa, ad esempio, al Naturalismo, si può affermare che la minuziosa rappresentazione della realtà sociale non solo evidenzia la capacità quasi scientifica di rendere in maniera perfetta il sociale, ma soprattutto mostra alla stessa società la sua rappresentazione. Insomma, sia il procedimento dialettico, sia quello di rispecchiamento del reale, permettono un confronto tra l’Io e l’Altro. Si tratta di un confronto che d’ora in poi non potrà più essere messo da parte. 

Ottocento e Novecento rappresentano il palcoscenico dell’alterità che si mostra nella pratica mimetica, intesa come ripiegamento temporale. La questione del tempo diventa centrale: l’idea di ritorno si associa inevitabilmente alle idee di novità, di (apparente) insensatezza e di differenza. 
I testi che fino ad ora sono stati prodotti inevitabilmente lo sono stati anche in base alla pratica della mimèsi dal momento che ciascun testo porta con sé la traccia del testo precedente. Si viene così a creare una catena di anelli ripetitivi legati da una serie di corrispondenze così fitte da far sembrare la catena un oceano di gocce d’acqua, in cui ogni goccia differisce dall’altra per un qualche eccesso di trasgressione e di eccezionalità. 

E’ proprio il trasgredire il modello che consente la sua sopravvivenza: il testo, all’interno di questa catena, di quest’archivio, è sempre diverso perché sempre si traveste con maschere diverse, come l’Io che inevitabilmente deve rendere conto ormai di un’alterità che è sia interna sia esterna, che può accettare come rimedio oppure espellere perché velenosa.

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