L’atto di interpellare l’Altro,
però, pur essendo stato un qualcosa di sempre presupposto, è stato compreso e
si è costituito lungo il passare dei secoli e delle riflessioni che questi
hanno portato con loro. Ed è in questo caso che, ancora una volta, la pratica
mimetica può essere interpretata come una chiave di lettura per poter
inquadrare tale concetto.
Come si è potuto constatare dal
primo capitolo, l’arte assieme alla società e alla cultura rappresentano il
campo di incontro di una serie di istanze interessanti attraverso le quali è
possibile affermare che non esiste un rapporto univoco di identità assoluta tra
ciò che era e ciò che ora viene ri-presentato. Considerando, infatti, il
rapporto tra modello e copia, questo nel corso del tempo
necessariamente è mutato dal momento che è emersa l’istanza del
soggetto-artista con la sua capacità di esercitare liberamente la propria
artisticità al di là del modello di riferimento proposto e/o imposto. E non
appena subentra tale istanza, quello che si presenta in un secondo momento, al
di là della sua ri-presentazione, è il risultato di un processo di rifrazione
in cui tale pratica mimetica presenta un qualcosa d’altro.
Intesa spesso come diversità,
l’alterità nelle considerazioni proposte si manifesta spesso con
connotazioni non sempre positive.
Si pensi ad esempio a Platone e al suo modo
di vedere il rapporto copia e modello come un qualcosa che deve
essere assolutamente e univocamente regolato e non deve provocare passioni
incontrollabili.
Oppure si pensi all’istanza regolatrice che si è
rintracciata a partire dall’Umanesimo e dal Rinascimento nella disputa tra
“antichi” e “moderni”: si tratta di un’istanza conservatrice che porta con sé l’obiettivo di poter
continuare una certa linea tradizionalista di fare artistico. Tuttavia, questa
istanza non può fare a meno di quella creatrice che a partire, in un
certo senso, da Aristotele si propone.
Se si considera, ad esempio, la modalità
di analisi di Aristotele, che procede per differenze, è possibile
affermare che la produzione di senso procede proprio attraverso queste, come le
distinzioni delle cose dello stesso genere. E la differenza procede, inoltre,
anche grazie all’avanzamento della componente soggettiva dell’uomo, l’anima.
A partire, infatti, da Plotino per poi continuare in maniera più approfondita
con tutto il Cristianesimo, l’anima diventa il luogo privilegiato d’incontro
con il divino, incontro in cui l’arte è una delle tappe e in cui l’uomo, rispecchiandosi
in questo processo di ritorno, si trova anch’esso un poco più vicino al divino.
Continuando questo percorso
appassionato e spirituale verso l’assoluto, l’uomo-artista si trova essere
soggetto pensante, creatore di bellezza e soggetto che giudica. La pratica che
meglio descrive il continuo rapporto tra soggetto e oggetto, passato e
presente, Io e non-Io è il movimento dialettico. Il dispiegarsi di tale
movimento, fa emergere, all’interno di una catena ripetitiva mai sempre uguale,
il necessario confronto con l’alterità. E’ per questo motivo che si è affermato
che Ottocento e Novecento rappresentano il palcoscenico di tale istanza. Che si
parli di Romanticismo, di Naturalismo o di filosofie della ripetizione, la
pratica mimetica implica il confronto, la presa in carico e l’intenzione di
instaurare un rapporto con l’alterità. Territorio di tali momenti è il testo:
testo che porta con sé le tracce dei testi precedenti, testo che è il risultato
di una serie di sintesi nuove, apparentemente insensate, ma
sempre differenti.
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