lunedì 8 agosto 2011

Io, Kant e il Soggetto (o meglio, il Soggettivo)

Utilizzo ancora questo ultimo post per prendere in considerazione l'importanza conferita al soggetto da Kant. Il testo di riferimento è sempre la Critica del Giudizio, Edizione Laterza1967. 

Dice Kant (pp. VII - VIII): Così io mi occupo ora della critica del gusto, la quale dà occasione a scoprire un'altra specie di principi a priori, diversi dai precedenti. Giacchè le facoltà dell'animo son tre: la facoltà conoscitiva, il sentimento di piacere e dispiacere, la facoltà di desiderare. Per la prima io ho trovato principii a priori nella critica della ragion pura (teoretica), per la terza nella critca della ragion pratica. Ne cercavo anche per la seconda; e, sebbene prima tenessi per impossibile trovarli, il procedimento sistematico, che mi aveva fatto scoprire nell'animo umano la divisione nelle tre facoltà menzionate ...  mi condusse su questa via; sicchè ora io riconosco tre parti nella filosofia, di cui ciascuna ha i propri principii a priori, che si possono dedurre, determinando con certezza i limiti della conoscenza possibile in tal modo: filosofia teoretica, teleologia e filosofia pratica, di cui certamente la seconda è la più povera di fondamenti a priori

Come si è già detto nei post precedenti, oggetto di questa critica è un termine medio tra la facoltà del conoscere e la facoltà del desiderare: il sentimento del piacere e del dispiacere o giudizio. Di questo Kant scrive (p. 16): contenga anch'esso, se non una sua propria legislazione, almeno un principio proprio di ricercar secondo le leggi, e che in ogni caso sarebbe un principio a priori puramente soggettivo.

Kant presenta uno schema della Critica del Giudizio:


Facoltà dell’animo
Facoltà di conoscere
Sentimento di piacere e dispiacere
Facoltà di desiderare


Facoltà di conoscere          Principi a priori                Applicazione alla
Intelletto                                Conformità a leggi               Natura
Giudizio                                 Finalità                                Arte
Ragione                                 Scopo finale                         Libertà

Più volte Kant afferma che il fondamento del giudizio di gusto, che è estetico, è soggettivo. Questo significa che il soggetto è cosciente di una certa rappresentazione (come ad esempio la visione di un edificio con delle belle forme o proporzioni) col sentimento di piacere: si tratta di una rappresentazione riferita al soggetto e che non dipende da un certo rapporto di esistenza con l'oggetto. 

Dopo il bello, leggendo il testo, mi sono accorta che l'importanza data al soggetto rientra poi nella disamina del concetto di sublime (vedasi i post precedenti):

Pel bello naturale dobbiamo cercare un principio fuori di noio, pel sublime naturale invece soltanto in noi stessi e nel modo di pensare che rende sublime la rappresentazione della natura ... si sviluppa un uso finale, che l'immaginazione fa della sua rappresentazione (p. 94)

...il sentimento del sublime impica, come suo carattere, un movimento dell'animo ... movimento deve essere giudicato come finale soggettivamente (perchè il sublime piace); esso è riferito, mediante l'immaginazione, o alla facoltà di conoscere o alla facoltà di desiderare (p. 95)

Speghiamo meglio questa disposizione dell'animo che si chiama sublime: in sintesi nella nostra immaginazione c'è come una spinta a proseguire verso l'infinito, mentre nella nostra ragione rimane una pretesa all'assoluta totalità. Questa sproporzione desta un sentimento di una facoltà soprasensibile (prodotta dall'immaginazione e dalla ragione): ciò che è assolutamente grande non è l'oggetto del senso, ma l'uso che fa naturalmente la facoltà del giudizio di certi oggetti a vantaggio di quel sentimento, in modo che rispetto a esso qualsiasi altro uso risulti piccolo. Sublime è ciò che, per il fatto di poterlo anche solo pensare, attesta una facoltà dell'animo superiore ad ogni misura dei sensi. 

Il giudizio stesso, nel giudicare qualcosa come sublime, riferisce l'immaginazione alla ragione, per accordarla soggettivamente con le idee di questa: insomma per creare uno stato d'animo conciliante e conforme. Pertanto, la vera sublimità va ricercata nell'animo di colui che giudica e non nell'oggetto naturale. Il che è possibile perchè la nostra propria insufficienza suscita la coscienza di questa facoltà soprasensibile illimitata del nostro stesso soggetto e l'animo non può giudicare esteticamente di questa se non per mezzo di quella facoltà. 

Si produce in noi, nel soggetto, un'intima stima (p. 115) non solamente con la potenza che mostra nella natura, ma ancor più con la facoltà, che è in noi, di giudicarla senza timore e di concepire la nostra destinazione come sublime rispetto ad essa.

Infine, ultimo elemento (anche se fondamentale, per ultimo, ci sarebbe il genio, per questo rimando al post precedente) è il gusto. La critica del gusto può essere soltanto soggettiva per quanto concerne l'arte o scienza, utilizzando sempre immaginazione e intelletto.

Perchè Kant vuole tanto soffermarsi su questo "soggettivo"? Perchè la condizione soggettiva di ogni giudizio è la facoltà stessa di giudicare, cioè il Giudizio (p. 142). Questa facoltà esige l'accordo tra due altre facoltà rappresentative (ormai a noi note), l'immaginazione (per l'intuizione e la comprensione del molteplice) e l'intelletto (per il concetto, in quanto rappresentazione dell'unità di questa comprensione del molteplice). Inoltre, poichè nessun concetto dell'oggetto sta a fondamento del giudizio, allora è la libertà dell'immaginazione di schematizzare senza concetto. Qui vi risiede il giudizio di gusto, sensazione che nasce dall'azione animatrice reciproca dell'immaginazione nella sua libertà e dell'intelletto con la sua legalità e, quindi, da un sentimento, che ci fa giudicare l'oggetto secondo la finalità della rappresentazione rispetto alle facoltà conoscitive del libero giuoco.









Nessun commento:

Posta un commento