Vediamo ora il concetto di bello, sommariamente.
IL GIUDIZIO ESTETICO E IL BELLO
Il bello per Kant è soggettivo, ma non è da confondersi con la formula “è bello ciò che piace”: quando si parla di bello, è bene ricordare che si parla di un qualcosa che piace nel giudizio di gusto. Kant elenca una serie di caratteristiche:
- è bello ciò che piace senza alcun interesse “si vuol sapere soltanto se questa semplice rappresentazione dell’oggetto è accompagnata in me da piacere” (§ 2, §§ 1 – 5). E’ bello ciò che è semplicemente bello e non perché obbedisce a interessi esterni;
- è bello ciò che piace universalmente. E’ un sentimento extralogico, in quanto le cose che diciamo belle sono tali perché vissute spontaneamente come belle e non perché giudicate attraverso concetti e ragionamenti (§§ 6 – 9);
- è bello anche qualcosa che non ha scopo (§§ 10 – 17). La bellezza è un libero e vissuto gioco di armonie formali che non rimanda a concetti precisi e non risulta imprigionabile in schemi conosciuti;
- è bello ciò che è senza concetto (§§ 18 – 22). Il bello è un qualcosa che ognuno percepisce intuitivamente, ma che nessuno riesce a spiegare intellettualmente.
A ogni punto corrisponde una certa categoria, ovvero la qualità, la quantità, la relazione e la modalità.
PERCHE’ UNIVERSALITA’?
Come si può conciliare la varietà di gusti con il carattere universale? Cosa intende Kant per universale?
Ora, Kant intende propriamente che tale bellezza deve essere vissuta come un qualcosa di condivisibile da tutti:
In tutti i giudizi coi quali dichiariamo bella una cosa, noi non permettiamo a nessuno di essere di altro parere, senza fondare tuttavia il nostro giudizio sopra concetti,
ma soltanto sul nostro sentimento (§ 22)
Il giudizio di gusto esige il consenso di tutti; e chi dichiara bella una cosa, pretende che ognuno dia l’approvazione all’oggetto in questione e debba dichiararlo bello allo stesso modo (§ 19)
Ma cosa intende Kant per “pretesa”? E’ da porre in relazione all’aggettivo “pubblico” che Kant utilizzo per definire l’Illuminismo? In parte sì, ma non solo. Per trovare una risposta, è necessario comprendere che cosa Kant intende per piacere e piacevole.
Il piacevole è ciò che piace ai sensi, mentre il piacere estetico è il sentimento provocato dall’immaginazione o forma della cosa che diciamo bella. Il piacevole produce giudizi estetici empirici non universali, mentre il piacere estetico si concretizza nei giudizi estetici puri che scaturiscono dalla sola contemplazione della forma di un oggetto.
Piacevole è la bellezza corporea ed è inevitabilmente soggettivo e inquinato, mentre il piacere estetico lo si prova di fronte all’ordine e alla forma. Solo questo tipo di giudizio ha universalità perché non dipendono da condizionamenti: i fiori o le conchiglie, l’arcobaleno sulla cascata, il cielo stellato, l’alba sull’oceano non piacevoli, ma provocano piacere estetico, universale, non condizionato e, dunque, nel giudizio non si giudica solo per sé stessi, ma per tutti. La bellezza di quell’oggetto o fenomeno diventa, di conseguenza, una qualità della cosa.
I giudizio estetici puri, quelli universali, legati a certi piaceri estetici rappresentano però solo una parte di tutti i giudizi umani sul bello.
LA BELLEZZA E’ NELL’UOMO
Anche a livello di estetica, Kant compie un'altra rivoluzione copernicana, affermando che la bellezza risiede nell'uomo: il bello non è una proprietà oggettiva od ontologica delle cose, ma il frutto di un incontro del nostro spirito con esse, cioè un qualcosa che nasce solo per la mente e in rapporto alla mente. Le cose si traducono in bellezza perchè c'è la mediazione della mente, centro del giudizio estetico.
L'armonia che noi vediamo in una cosa bella è la proiezione dell'armonia interiore del soggetto che egli proietta nell'oggetto.
Vediamo un secondo il ragionamento che ha fatto Kant:
- il giudizio estetico nasce da un libero gioco, ovvero da uno spontaneo rapporto dell'immaginazione/fantasia con l'intelletto;
- questo rapporto genera armonia, effetto dell'equilibrato intreccio tra le facoltà dell'animo;
- questo accade in tutti gli uomini, pertanto il giudizio è condivisibile da tutti e il gusto ha un senso comune.
Il punto chiave del ragionamente risiede nel secondo punto, nell'avere fondato il giudizio di gusto e la sua universalità sulla mente. La bellezza non è un favore che la natura fa a noi, ma un favore che noi facciamo ad essa, innalzandola alla nostra umanità. Infatti, se la bellezza risiedesse negli oggetti, e quindi nell'esperienza, essa perderebbe la propria universalità e non sarebbe più qualcosa di libero (ricordarsi sempre le considerazioni di Kant sull'Illuminismo).
Nel giudizio estetico del bello esistono dunque dei giudizi estetici a priori (contrariamente a quanto affermavano gli empiristi), ma nello stesso tempo c'è anche una spontaneità e un sentimento (contrariamente al riferimento alla conoscenza e ai concetti dei razionalisti).
Quel piacere che non è solo legato ad attrattive fisiche, nè a interessi pratici, nè a valutazioni morali e conoscitive è, dunque, disinteressato, comunicabile a tutti e non dipendente dai mutevoli stati d'animo dell'individuo: autonomia e libertà rappresentano la bellezza, che a questo punto può diventare anche simbolo della morale.