Considerando la categoria della
temporalità e considerando quanto detto nel post precedente (La pragmatica della mimèsi come interpellazione dell’Altro (parte II)) a proposito del processo mimetico rintracciabile nei testi, è possibile affermare che questo pone in relazione
passato e presente con l’avvenire, che è l’altro:
[Lévinas, Il tempo e l’altro
(trad. ita), Genova, Il Melangolo, 1993], p. 48.
In un certo senso, l’alterità è
strettamente connessa con il concetto di continuità che si è
rintracciato in quel formarsi di continue catene di testi connessi da un certo
legame di familiarità che porta tale struttura testuale sempre oltre. Catena
infinita in cui non è possibile trovare l’anello iniziale e originario, catena
di anelli ripetitivi legati da una serie di fitte corrispondenze, ma anche di
trasgressioni e di eccezionalità, e, infine, catena in cui le posizioni
liminari tra visibile e invisibile, tra ciò che è prima e dopo, tra ciò che è
curativo e velenoso, sono sempre più sfumate.
Il testo-altro, ovvero il
testo-replica, è proprio quel pharmakon che potrebbe rappresentare la
giusta soluzione oppure il capro-espiatorio da nominare e cacciare. Ma,
soprattutto, il testo-replica è un testo che continua il dialogo all’interno di
una zona semiosferica in cui un testo evoca un altro e nello stesso tempo lo trasforma.
La struttura reticolare e a spirale di questa zona vede ogni testo portare con
sé una parte che rinvia a un testo similare e una parte diversa: in altre
parole il testo si configura attraverso una componente indiziaria e una
referenziale. Come già si è ripetuto diverse volte, non esiste una relazione
d’identità tra i testi, ma di traduzione e di rinvio ovvero di proiezione da
intendersi come un pro-icio.
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