Una parte della storiografia tende a considerare la rinascenza del Quattrocento e del Cinquecento come una complessa fase di sintesi tra l’antico e moderno, avente in sé elementi di novità e di conservazione al tempo stesso. In altri termini, il Rinascimento, pur non identificandosi con l’età moderna, rappresenta uno dei suoi principali presupposti, poiché ha fornito le premesse culturali da cui è scaturita la Rivoluzione scientifica. Infatti, la nuova visione attivistica dell’uomo, la scoperta della prospettiva storica, l’interesse per la natura e la rivendicazione dell’autonomia della ricerca che il Rinascimento afferma con forza costituiscono i pilastri della civiltà occidentale moderna.
LA NUOVA VISIONE DELL’UOMO
Assieme a una nuova visione dell’uomo, troviamo una nuova visione anche della vita, concepita come campo di azione dell’uomo, artefice del proprio destino.
Lo strumento essenziale di tale rinnovamento viene identificato nell’idea del ritorno al principio. Il principio a cui gli Umanisti e i Rinascimentali si rifanno è quello classico, rintracciabile nei testi greci e latini. In ciò si può senza dubbio rilevare una critica implicita da parte dei Rinascimentali verso il Medioevo.
RITORNO AL PRINCIPIO = RITORNO AL CLASSICO: BISOGNO DI AUTONOMIA E LIBERTA’ NELLA RICERCA DELLA VERITA’ (contrariamente al Medioevo) RE-IMMERSIONE NELLA NATURA, INTESA COME FORZA CHE PRODUCE E VIVIFICA TUTTE LE COSE E CAMPO IN CUI SI ESPLICA L’ATTIVITA’ CONOSCITIVA DELL’UOMO (lettura più oggettiva) |
Mentre il Medioevo pensava che l’uomo fisse parte di un ordine cosmico già stabilito, il Rinascimento ritiene che l’uomo debba costruire il proprio destino, adoperando la propria ragione e seguendo la propria libertà. Questo non significa che l’uomo rinascimentale sia ateo o irreligioso, anzi egli continua a considerare con grande serietà il messaggio cristiano, ma riconosce all’uomo il compito di essere fabbro della propria sorte, immagine e riflesso della potenza creatrice dell’uomo.
L’uomo (Manetti, Dignità ed eccellenza dell’uomo, in Garin, Filosofi italiani del Quattrocento) ha il dovere di portare a termine l’opera creatrice di Dio (carattere fortemente attivo, in contrasto con la rinuncia e l’umiltà prevalenti nella letteratura medievale), non solo con una vita ascetica e contemplativa di Dio (il monaco):
unico compito umano noi pensiamo e affermiamo essere l’intendere
LA PROSPETTIVA STORIOGRAFICA
Questa rende possibile il distacco dal passato al presente, perciò il riconoscimento dell’alterità e dell’individualità del passato. La scoperta della prospettiva storica è rispetto al tempo ciò che la scoperta della prospettiva ottica, realizzata dalla pittura nel Rinascimento, rappresenta nei confronti dello spazio. E’ la capacità di realizzare la distanza degli oggetti l’uno dall’altro e da colui che la considera; perciò la capacità d’intenderli nel loro luogo effettivo, nella loro distinzione dagli altri, nella loro individualità autentica.
Ecco perché si vuole scoprire il vero Platone e il vero Aristotele, cioè la dottrina genuina dei loro capostipiti, non deformata o camuffata dai medievali. Inoltre, questa considerazione dell’uomo, inteso come centro originale e autonomo di organizzazione dei vari aspetti della vita, è condizionato dalla prospettiva.
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