domenica 29 maggio 2011

Umanesimo e Rinascimento

L'influenza del pensiero greco – romano (soprattutto quello greco) con quello di Agostino e Tommaso caratterizzano alcune delle tappe di quello che è da considerarsi come un percorso obliquo che ha come direttrici il concetto di mimesis tra realtà e arte.
Arrivando al periodo dell’Umanesimo e del Rinascimento, compare sulla scena di studio un elemento importante: la figura dell’uomo. Prima, però, di arrivare a comprendere questo elemento, vorrei riportare alcune osservazioni e precisazioni.

LA PRETESA DISCONTINUITA’ DI MEDIOEVO E RINASCIMENTO
Si tratta di un luogo comune da sfatare.
Ad una concezione interamente basata sulla trascendenza di Dio e sulla svalutazione dell’agire dell’uomo viene generalmente opposta una concezione che esalta l’uomo e la sua capacità di dominare e asservire la natura. Questo in parte è vero, ma nel Medioevo accanto all’idea della vicenda umana come semplice peregrinazione ed esilio si trova anche l’idea della storia della salvezza, mentre nel rinascimento, accanto all’idea di progresso si trova anche l’idea di classicità come perfezione insuperabile.

Rivediamo un attimo le caratteristiche estetiche di un’opera artistica, sia per il Medioevo sia per il Rinascimento:
  • si dice bella una cosa quando appare quella che veramente è. Per i pensatori medievali e rinascimentali, il punto di riferimento è il principio greco per cui la bellezza è coincidenza di essere e apparire;
  • l’opera ha un carattere iconico, per entrambe i periodi. Ovvero l’opera è il luogo in cui può avvenire una teofania, segno di una presenza divina e infinita (macrocosmo, Dio) in qualcosa di finito (microcosmo, l’opera);
  • lettura e produzione di un’opera avvengono attraverso il metodo esegetico dell’esperienza artistica. Nel Medioevo si riteneva che un’opera dovesse essere letta e prodotta secondo i quattro sensi della Scrittura, nel Rinascimento, che dovesse essere decifrata e ricavata in base al codice presente nel “gran libro della Natura”.

LA FIGURA DELL’ARTISTA
Come avevo già accennato, la vera differenza tra Medioevo e Rinascimento risiede nel diverso modo di concepire l’artista e l’uomo. Umile, anonimo artigiano nel Medioevo, diventa l’espressione più alta della scintilla divina che è nell’uomo e assume talvolta i caratteri stessi della divinità, sia pure una divinità demiurgica e malinconica. Infatti, l’idea di dipingere significa penetrare e conoscere, concretamente e non astrattamente, le leggi della natura, come costruire chiese e case ha il valore di un ristabilimento dell’ordine religioso e politico e comporre musica è come una mistica ripetizione dell’armonia dell’universo.

Nel frattempo, si sviluppa un fenomeno sconosciuto al Medioevo, quello del diffondersi di una trattatistica, spesso a fondo biografico e autobiografico, in cui l’artista, consapevole dell’eccezionalità del suo ruolo, si interroga su di esso. Ne riporto alcuni:
  • Sulla Pittura e Sull’architettura di Leon Battista Alberti; 
  • Quattro libri sull’architettura del Palladio;
  • Vite de’ più eccellenti architetti, scultori e pittori del Vasari; 
  • Trattato della pittura di Leonardo;
  •  Trattato delle proporzioni di Durer.

Questi trattati rispondono all’esigenza tipicamente rinascimentale di conciliare speculazione e attività pratica, riflessione pratica e osservazione empirica che, naturalmente, la pittura (da intendersi anche come geometria e anatomia), come arte conoscitiva della natura, riesce perfettamente a restituire. 
(Storia dell'Estetica, Sergio Givone, Laterza, 2008, Roma-Bari, pp. 14 - 17)

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